Hollywood, 1927. Il celebre attore del cinema muto Don Lokwood (Gene Kelly) non riesce a superare l’avvento del sonoro, che potrebbe porre fine alla sua carriera. Ad aiutarlo saranno un amico compositore (Donald O’Connor) e una bella cantante in cerca di successo (Debbie Reynolds) che, pur scontrandosi con l’opprimente diva Lina (Jean Hagen), nel frattempo riesce a rubargli il cuore.
Tre anni dopo il notevole esordio “Un Giorno a New York” (che offrì un contributo cruciale al genere, trasferendo l’azione in esterni), al suo quarto film Stanley Donen torna a collaborare con l’amico Gene Kelly, (anche qui accreditato come co-regista e co-autore alle coreografie), reduce dal successo ottenuto con l’affine e notevole Un Americano a Parigi di Vincent Minnelli (premiato con 6 Oscar). Superiore perfino a quest’ultimo (specialmente per la genuina leggerezza dell’approccio), il risultato è un vero e proprio trionfo; infatti, affinando la formula del succitato debutto (forse più spettacolare ma non altrettanto fresco e armonioso), Donen e Kelly hanno realizzato quella che senza dubbio resta una delle migliori commedie musicali realizzate a Hollywood, un film mitico e sempreverde la cui perfetta riuscita deriva anche da un armonioso equilibrio tra le componenti; sceneggiato con sapienza da Adolph Green con Betty Comden e attraversato da esaltanti numeri musicali (tra cui quello celeberrimo che dà il titolo al film), vi si combinano appunto umorismo sofisticato e buoni sentimenti senza scadere nelle trappole della retorica o in velleitarie o pretestuose elucubrazioni anche nell’esporre con acuta sottigliezza un tessuto tematico non trascurabile: perché, contraddistinto da un palese quanto profondo amore per il cinema, il film si distingue anche per la cruciale e vincente intuizione di restituire lo spirito degli anni Venti proprio attraverso un’affezionata rappresentazione su schermo dell’evoluzione del mezzo filmico, intrecciando le macchinazioni del sistema hollywoodiano e la dicotomia tra luci e ombre del successo alle turbe legate a conseguenze e ripercussioni della fine di un’epoca. In ciò, Cantando Sotto la Pioggia rimane un autentico capolavoro votato allo spettacolo di qualità, sempre trascinante nel suo genuino e contagioso ottimismo nonché davvero esemplare nel mantenere l’alta tenuta del ritmo con grande classe sul piano coreografico e florida inventiva a livello stilistico, il tutto sostenuto da un poderoso apparato figurativo (vedere il sontuoso Technicolor della fotografia di Harold Rosson) e coadiuvato inoltre da una magnetica squadra di interpreti: oltre al protagonista Kelly e alla deliziosa Reynolds, tra i comprimari spiccano soprattutto l’energico Donald O’Connor (premiato con un Golden Globe) e la “meravigliosamente antipatica” Jean Hagen, giustamente candidata all’Oscar insieme alla colonna sonora per commedia. Un classico intramontabile.
Cantando Sotto la Pioggia | |
Cantando Sotto la Pioggia | |
Summary
“Singin’ in the Rain”; di GENE KELLY, STANLEY DONEN; con GENE KELLY, DEBBIE REYNOLDS, DONALD O'CONNOR, CYD CHARISSE, MILLARD MITHCELL, DAWN ADDAMS, RAY MILLAND, RITA MORENO; musical; USA, 1952; durata: 102’; |
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