Accompagnata dall’astronauta Matt Kowalski (George Clooney), prossimo alla pensione, la dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) sta affrontando la sua prima missione su uno shuttle. Ma durante una passeggiata spaziale di routine, un’inattesa e micidiale pioggia di detriti distrugge la navetta spaziale, lasciando i due completamente soli alla deriva nell’oscurità dello spazio, privi di contatti con la Terra e in disperata ricerca di una salvezza.
Al suo settimo film (il quinto in lingua inglese), l’eclettico regista messicano Alfonso Cuarón (che l’ha anche scritto, insieme al figlio Jonas) ha realizzato un film di SF in cui le aspirazioni d’autore convivono con l’intrattenimento da blockbuster, con dialoghi di matrice hollywoodiana su un impianto visuale-espressivo di grande impatto. Con notevoli contributi tecnici dalla fotografia del grande Emmanuel Lubezki, ma anche dal montaggio, dalle scenografie e dagli effetti speciali visivi e sonori di sorprendente meraviglia (basti vedere l’impressionante sequenza dell’impatto con la pioggia di detriti), il regista Cuarón sfrutta al massimo il suo talento riuscendo a creare affascinante suggestione ed estrema tensione: tra potenti ricorsi alla profondità di campo, lunghissimi piani sequenza, riuscite invenzioni plastiche (i corpi “galleggianti”) e claustrofobiche soggettive (entrando nelle tute e negli scafandri) il battito e il respiro dei protagonisti diventa quello dello spettatore, che si ritrova a galleggiare senza peso nell’aria, disancorato, frastornato e completamente immerso in un’avventura in assenza di peso ed equilibrio, in cui l’ossigeno è in esaurimento e lo scuro nulla avanza impietoso. Ma anche al di là di qualsiasi raffronto (più o meno legittimo) con capisaldi della fantascienza di kubrickiana memoria, “Gravity” va oltre il riuscito film di spettacolo; narrato in tempo reale, è infatti un (quasi) assolo spaziale di stampo allegorico che diventa un’impresa di salvezza non solo fisica, ma anche interiore, in cui il cosmo corrisponde alla condizione e alla coscienza umana: segnata da una terribile tragedia personale che le ha sconvolto l’esistenza, la protagonista Stone, allontanatasi letteralmente dal mondo e ritrovatasi completamente sola e senza controllo in uno spazio infinito di assordante silenzio e di fagocitante profondità, dovrà trovare la forza, il coraggio e la resistenza per tornare, per quanto possibile stabile e sicura, sulla terra e alla vita. Non a caso, nel suo sottotesto umanistico di finezze metaforiche sull’elaborazione della morte e, soprattutto, sulle motivazioni dell’esistenza, è un’emozionante avventura di resistenza e di sopravvivenza che (non senza riferimenti alle origini della specie) prevede anche una (ri)nascita. 3D di inusuale efficacia espressiva, ed interpreti funzionali: se prima di sparire (lasciando scena alla co-protagonista) Clooney si limita a rifare se stesso, la Bullock offre una performance convincente ed efficace, tanto fisica quanto coinvolgente. Grande successo al box office (oltre 55 milioni di dollari solo nel primo weekend di programmazione) e ben 7 premi Oscar: miglior regia, fotografia, montaggio, colonna sonora, effetti visivi, montaggio sonoro e missaggio sonoro.
Gravity | |
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Summary
id.; di Alfonso Cuarón; con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Eric Michels, Paul Sharma, Basher Savage; fantascienza; USA/ G.B., 2013; durata: 90'. |
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