Avventuratosi nel Klondike alla ricerca di una miniera aurifera, il vagabondo Charlot (Charles Chaplin) si ritroverà coinvolto in una serie di mirabolanti peripezie tragicomiche.
Ispirato dalla lettura di un un libro che riportava i drammatici sviluppi della spedizione Donner, ma anche da alcune diapositive sull’Alaska alla cui proiezione assistette durante un soggiorno nella residenza degli amici coniugi Douglas Fairbanks e Mary Pickford (con i quali, insieme a D. W. Griffith, aveva da poco fondato la United Artists), Chaplin concepì questo suo terzo, straordinario lungometraggio a soli due mesi dall’uscita del precedente e all’epoca incompreso La Donna di Parigi: ansioso, dopo tale insuccesso, di tornare ai fasti del memorabile esordio “Il Monello”, riuscì nell’impresa realizzando uno dei suoi lavori più celebri e rappresentativi, nonché uno dei più armoniosi nella personale commistione tra comicità e drammaticità. Perché, nell’affrontare il tema della sopravvivenza (e continuando quindi il suo percorso di critica sociale portando avanti il discorso sulla povertà nel sistema capitalista) attraverso una personalissima rivisitazione del mito della frontiera, Chaplin stempera il suo sempre irresistibile umorismo incorporando tra le puntualmente inventive gag slapstick una struggente malinconia esaltata e al contempo mitigata anche dalla componente naturalistica: infatti, il lirismo dei paesaggi estatici veicola non solo il tema a lui caro della solitudine ma anche un’inedita influenza della provvidenza, trasfigurando così l’efficace verosimiglianza dell’avvolgente ambientazione (un’Alaska ricostruita ed inventata ma al contempo vibrante di avvolgente ed evocativo realismo) in una personale resa quasi onirica che come tale ne allevia l’umana tragicità. Autentico capolavoro ricco di sequenze memorabili (tra le quali spiccano la scena della scarpa bollita e quella celeberrima della “danza dei panini”, ma anche il momento della capanna in bilico sul crepaccio, realizzata con effetti speciali per l’epoca davvero avveniristici), è senza dubbio una delle più alte vette nell’itinerario di Chaplin, il quale affermò di considerarlo il film per cui avrebbe voluto essere ricordato. Girato e distribuito muto nel 1925, fu riproposto nel 1942 tagliato di una decina di minuti e alterato anche sul finale, con l’aggiunta di una partitura musicale (ad opera dell’autore, in collaborazione con Max Terr) e un commento audio dello stesso Chaplin in sostituzione delle didascalie, ottenendo un grande successo di pubblico e due candidature agli Oscar (migliore colonna sonora e miglior sonoro).
La Febbre dell'Oro | |
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Summary
“The Gold Rush”; di CHARLES CHAPLIN; con CHARLES CHAPLIN, MACK SWAIN, GEORGIA HALE, TOM MURRAY, KAY DESLEYS, JOAN LOWELL, BETTY MORRISEY, HENRY BERGMAN, MALCOLM WAITE; comico; USA, 1925; B/N; durata: 117’; |
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