Monsieur Hulot (Jacques Tati) parte sul suo scoppiettante macinino e arriva in un villaggio balneare sulla costa bretone per trascorrere le ferie in una piccola pensione familiare: nel corso della vacanza, mentre interagisce con gli altri personaggi che popolano il luogo di villeggiatura, diviene protagonista di tante piccole disavventure non prive di sorprese.
Secondo lungometraggio (a cinque anni dal notevole esordio con Giorno di Festa) del grande Jacques Tati, resta uno dei suoi maggiori capolavori, nonché il primo in cui veste i panni del mitico personaggio di Monsieur Hulot, che attraverserà il resto della carriera dell’autore e comico francese, accompagnandolo infatti tutti i suoi film successivi. Nell’introdurre tale maschera caratterizzata da cappello in testa, impermeabile con ombrello, pipa in bocca e andatura in punta di piedi, Tati ne fa un protagonista atipico in forma di testimone degli eventi, rendendolo così centro ed innesco di una comicità che, andando oltre la semplice reinvenzione in forma cinematografica di quegli sketch che lo resero celebre fin dagli anni Trenta, è non solo di situazione, bensì di osservazione; infatti, rielaborando il tono più prevalentemente farsesco della succitata opera prima, Tati lo fa confluire in una garbata buffoneria agrodolce il cui detonatore è proprio tale geniale personaggio, affine a Buster Keaton per i modi stilizzati e vicino a Charlot per la tenera malinconia di fondo ma al tempo stesso diverso da entrambi per come diviene filtro di quel personalissimo e lungimirante sguardo critico sulla modernità che confermerà (ancor più inasprito) anche nel successivo Mio Zio (altro imperdibile capolavoro): fin dalla sequenza in cui lo vediamo procedere nella sua scassata automobile circondato dal traffico dei mezzi più veloci e all’avanguardia, Hulot si rivela come un outsider la cui libertà d’animo è causa e conseguenza di un’agrodolce incapacità di comprendere e seguire le masse, elevandolo quindi ad anarchico che sconvolge le consuetudini di una società che ha scordato la bellezza della semplicità e dell’umanità; anche per questo, se nelle vesti di Hulot resta tuttora un simbolo del nostro tempo, in ciò Tati si impone anche come grande anticipatore nel trattare quel disorientamento universale nonché sempre attuale da cui inoltre scaturisce il conflitto cui fa capo la garbata quanto sapida buffoneria che anima un soggetto di semplice essenzialità esaltato però per inventiva e virtù dello stile; infatti, nel mettere in scena il suo linguaggio comico prettamente visivo (riconducibile alla slapstick), scaturito da un’accumulazione di inventive gag senza filo conduttore ma snodate con un’avvolgente armonia da affresco, Tati lo arricchisce di una florida dimensione di rumori che, insieme ai gesti, diventano e/o sostituiscono i dialoghi (nel film Hulot pronuncia una sola battuta), realizzando così uno straordinario film sonoro non parlato il cui grande coinvolgimento sfocia nell’immedesimazione: calato nell’avvolgente bianconero di Jacques Mercanton e Jean Mousselle e accarezzato dalle calzanti musiche jazz di Alain Romains, scorre con una garbata serenità vacanziera che contagia lo spettatore fino a farlo ripiombare nella realtà durante il finale che, coincidendo non a caso con la conclusione della villeggiatura, restituisce infatti quell’universale senso di sottile malinconia che accompagna appunto il termine di una vacanza. Tra le molte scene degne di nota, è da citare almeno quella memorabile dell’irresistibile partita a tennis. Rimaneggiato nel corso degli anni dallo stesso Tati, che prima modificò il montaggio (aggiungendo anche una nuova partitura) e poi inserì una nuova scena, nel 2009 venne restaurato e in seguito ridistribuito in patria. Premiato al festival di Berlino e a Cannes (dove si aggiudicò il premio della critica internazionale), ottenne inoltre una candidatura all’Oscar per la migliore sceneggiatura (scritta dal regista con Henri Marquet).
Le Vacanze di Monsieur Hulot | |
Le Vacanze di Monsieur Hulot | |
Summary
"Les Vacances de Monsieur Hulot"; di JACQUES TATI; con JACQUES TATI, LOUIS PATRAULT, NATHALIE PASCAUD, MICHELE ROLLA, ANDRE DUBOIS, SUZY WILLY, VALENTINE CAMAX; commedia; Francia, 1953; B/N; durata: 96'; |
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