Tornato dalla seconda guerra mondiale con la mente a pezzi, lo sbandato e alcolizzato marine Freddie Quell (Joaquin Phoenix) conosce per caso il carismatico Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), impegnato insieme alla moglie (Amy Adams) nell’istituzione di una setta spirituale, che gli offre la sua protezione affermando di poterlo aiutare con i suoi sperimentali metodi di introspezione. Tra i due si instaurerà un rapporto di articolata ambiguità che porterà a conseguenze inaspettate.
Autore giustamente considerato tra i più interessanti nell’odierno panorama cinematografico statunitense, per questo suo sesto lungometraggio il californiano Paul Thomas Anderson (come di consueto nella tripla veste di regista, sceneggiatore e co-produttore) si discosta dal respiro epico del precedente Il Petroliere e punta su toni più intimistici e puramente introspettivi per realizzare un’opera perturbante, complessa, ambiziosissima e per certi versi coraggiosa (non soltanto per i più o meno evidenti e già assai dibattuti riferimenti a Scientology). Calato in funzionali atmosfere avvolgenti ed ipnotiche (coadiuvate dalla fotografia in forti chiaroscuri di Mihai Malaimare Jr. e dalla stridente colonna musicale di Jonny Greenwood), è un film di arcano andamento “carsico” che, nella sua struttura densa e stratificata (con una magistrale prima parte di mirabile tensione drammatica senza concessioni alla spettacolarizzazione a cui segue una seconda più magmatica ma non meno efficace nella sua apertura all’analisi), mette in scena con suggestiva incisività il potere della suggestione sulla psiche vulnerabile dell’individuo. Tale dinamica portante è snodata all’insegna di un anomalo rapporto tra due personalità contrapposte (pur entrambe pressoché negative) come in una sorta di audace drammatizzazione della dialettica hegeliana tra servo e padrone: inquinato nella mente dalla durezza della realtà, Freddie trova nel saccente protettore Lancaster una figura dominante quanto annichilente a cui suo malgrado non può più rinunciare, conflitto profondo e insoluto che rispecchia quello di un’America post-bellica similmente confusa, contraddittoria e amaramente disillusa (a partire dalla sua ricerca di identità e di libertà). Anche in ciò, il film si dimostra inoltre coerente con le riflessioni su un contesto e una società che, attraverso uno sfolgorante itinerario filmico (dall’industria pornografica come specchio degli anni Settanta in Boogie Nights fino al memorabile antieroe come incarnazione del capitalismo nel già citato Il Petroliere), Anderson continua quindi ad offrire con il carattere e la sapienza di un grande autore da continuare a seguire con estremo interesse. Eccezionale trio di interpreti che (meritatamente candidati all’Oscar) sembrano non a caso incarnare Es, Io e Super-Io, ovvero (rispettivamente) un impenetrabile Phoenix di schizoide malinconia, un impetuoso Philip Seymour Hoffman di enigmatico magnetismo e una sempre più convincente Amy Adams nei panni di una sorta di novella Lady Macbeth che lascia davvero il segno. Presentato con successo al festival di Venezia, dove si aggiudicò il Leone d’Argento per la miglior regia e la Coppa Volpi alla miglior interpretazione maschile, assegnata in condivisione a Phoenix e Hoffman.
The Master | |
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Summary
id.; di PAUL THOMAS ANDERSON; con JOAQUIN PHOENIX, PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, AMY ADAMS, LAURA DERN, RAMI MALEK, AMBYR CHILDERS, JESSE PLEMONS, CHRISTOPHER EVAN WELCH, KEVIN O'CONNOR, LENA ENDRE, DARREN LE GALLO, JILLIAN BELL, DAVID WARSHOFSKY; drammatico; USA, 2012; durata: 137'; |
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