Il film racconta l’ultimo quarto di secolo della vita del grande ed eccentrico pittore inglese Joseph Mallord William Turner (1775-1851). Profondamente colpito dalla morte del padre, Turner (Timothy Spall) vive con la sua storica e devota governante (Dorothy Atkinson), da cui è amato ma verso la quale pare non mostrare alcun interesse o riguardo, talvolta sfruttandola per soddisfare i suoi appetiti sessuali; nel frattempo, si lega a una vedova (Marion Bailey) che gestisce una pensione sul mare, a Margate, con la quale in seguito andrà a convivere nel quartiere londinese di Chelsea. Intanto viaggia, dipinge, si intrattiene con l’aristocrazia terriera, frequenta i bordelli, è uno stimato ma anarchico membro della Royal Academy of the Arts ed è tanto celebrato quanto disprezzato, sia dal pubblico che dai reali.
Per questa atipica biografia del pittore inglese precursore dell’impressionismo, il grande Mike Leigh si discosta dalla sua usuale visione della quotidianità basata su canovacci ed improvvisazione per tornare ai toni e all’evoluzione di Topsy-Turvy, pur continuando nel contempo a perseguire la verità dei personaggi, delle sensazioni, dei moti del corpo e dell’anima. Fondato su una struttura narrativa aneddotica ed ellittica snodata in inquadrature fisse e composite, di raffinata e coerente composizione pittorica sia nei suggestivi esterni naturali (splendida fotografia di Dick Pope) sia negli interni casalinghi o urbani (scenografie di Suzie Davis, costumi di Jacqueline Durran), il film si sviluppa infatti come una sorta di romanzo storico-biografico in cui, evitando gli stilemi del biopic tradizionale, il romantico binomio “genio e sregolatezza” trova nel centrale personaggio, estroso e complesso, un’espressione originale, non agiografica e di sincera lucidità, in cui l’uomo importa quanto l’artista: nell’impossibilità di adattarsi al contesto sociale (denotata anche dalla difficoltà di amare sinceramente, nonché rispecchiata in quella di dipingere soggetti umani) la natura tormentata del protagonista emerge e lo accompagna costantemente, dai viaggi in solitario alla riluttanza verso gli ambienti dell’Accademia (dove si fa beffe del collega Constable), dal rapporto con la moglie e con i figli a quello con la domestica; quest’ultima ne diventa una sorta di contraltare che è la sintesi tra il punto di vista dell’autore e quello dello spettatore: personaggio secondario di sussurrata importanza, non ci è dato sapere se comprenda l’uomo, l’artista o entrambi, eppure si dimostra affezionata (avvinta?) in maniera incondizionata; ne esce una figura la cui malinconica umiltà si riallaccia all’usuale approccio aspro e realista con cui Leigh abitualmente racconta la middle class britannica, riconoscibile inoltre nella sempre presente descrizione del contesto storico-sociale, qui rievocato con minuziosità anche attraverso accurate ed efficaci annotazioni. Ma del radicale e sincero approccio che di consueto contraddistingue le sue opere, qui permane anche la lucidità con cui descrive il protagonista, con una precisione affettiva che, evitando l’idealizzazione, non elude la presentazione di vizi anche sgradevoli: ruvido e mugugnante ma a suo modo nobile d’animo, brutale nei modi eppure capace di atti di inattesa galanteria, dedito quanto eccentrico nell’arte come nella vita (tanto da farsi legare in cima all’albero di una nave durante una tempesta così da sentire sulla sua pelle la furia degli elementi), il Turner di Leigh è un uomo difficile ma profondamente umano, d’indole impulsiva ma di spirito riflessivo (confrontandosi con un dagherrotipo si trova contemporaneamente affascinato e confuso da un futuro alle porte), un uomo che cerca l’assoluto nell’ambiente e nella natura che lo circondano, vivendo il mistero della sua arte come un’istintiva e viscerale vocazione: mentre la fine si avvicina, come in un’ultima ode al suo nume prima di sprofondare nel buio, il pittore della luce afferma “Il sole è Dio”. In tutto ciò, la scrittura stilistica ed espositiva di Leigh (che nell’efficace costruzione drammaturgica alterna e fonde con equilibrio ed efficacia il malinconico, il ridicolo e il sublime) trova il suo motore nell’ammirevole adesione del protagonista, affidato ad uno straordinario Timothy Spall premiato a Cannes con grande merito. 4 candidature agli Oscar: fotografia, scenografia, costumi e colonna sonora.
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Summary
“Mr. Turner”; di Mike Leigh; con Timothy Spall, Dorothy Atkinson, Marion Bailey, Paul Jesson, Lesley Manville, Martin Savage; biografico; G.B., 2014; durata: 149’. |
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