L’impiegato C.C. Baxter (Jack Lemmon) spera di far carriera prestando il suo appartamento da scapolo a quei superiori desiderosi di lanciarsi in avventure extraconiugali con ignare ragazze; tra queste c’è anche la donna da lui amata, la bella addetta agli ascensori Fran Kubelik (Shirley MacLaine). Quando però quest’ultima tenta il suicidio, la situazione cambierà per entrambi.
Scritto dal regista insieme al fidato ed assiduo collaboratore I.A.L. Diamond, come il precedente “A Qualcuno Piace Caldo” anche questo diciassettesimo film di Billy Wilder spicca come uno dei più grandi capolavori nella sfolgorante filmografia del maestro, che ha infatti saputo realizzare un film davvero esemplare per l’armonioso equilibrio tra l’eccellente sceneggiatura e l’usuale padronanza della regia d’alta scuola, la sapiente direzione degli interpreti e la magistrale orchestrazione dei toni e delle componenti. In un coinvolgente e pressoché perfetto connubio tra commedia sofisticata e dramma esistenziale, la finezza dei dialoghi e il brio delle situazioni si rovesciano infatti in una lucida ed amara riflessione sulle difficoltà della condizione umana, con un approccio al tempo stesso soffice e tagliente che lo rende divertente in superficie e malinconico in profondità; evidenziato anche dall’allusiva rappresentazione della disparità tra l’anonimo individuo e il tentacolare contesto che lo circonda (reso con efficacia grazie anche al prezioso contributo dello scenografo franco-ungherese Alexander Trauner), il tono da critica sullo smarrimento dell’individuo nella società moderna lo rende così anche un sagace e pungente apologo sull’alienazione come conseguenza della solitudine urbana: non a caso, è un film popolato da personaggi che, conosciuta la delusione, hanno imparato a vivere nella disillusione per prevenire la disperazione, perché l’ascesa sociale può comportare un inversamente proporzionale discesa morale, specie quando ad essere svenduta è prima di tutto la propria dignità; eppure, nonostante ciò, se capaci di riporre quello scudo emotivo necessario per sopravvivere alla vita pubblica, nel più intimo privato può comunque esserci ancora la possibilità di trovare una forma di riscatto ed una certa serenità magari proprio attraverso un fortuito grazie al quale, tolta la corazza, è possibile ritrovare il proprio intimo liberando con sincerità pensieri, ricordi, emozioni; infatti, così filtrato attraverso un trascinante umorismo spesso acre o talvolta più libero (celebre la scena di Lemmon che scola gli spaghetti con la racchetta da tennis), nel finale l’amaro cinismo di fondo apre alla speranza con la memorabile scena della partita a carte tra i due eccellenti protagonisti, entrambi candidati all’Oscar e premiati ai Bafta e ai Golden Globe (dove la pellicola trionfò anche come miglior film musical o commedia): se Shirley MacLaine (che si aggiudicò anche la Coppa Volpi al festival di Venezia) si conferma capace di alternare con incredibile disinvoltura la vivace scioltezza dei momenti in ascensore e le turbe romantiche delle scene in appartamento, Jack Lemmon è davvero straordinario nell’incarnare l’insicurezza e l’inadeguatezza dell’uomo medio con un’incredibile gamma di sfumature. 5 meritati premi Oscar (su un totale di ben 10 candidature): miglior film, regia, sceneggiatura originale, scenografia e montaggio (curato dal prolifico Daniel Mandell, anch’esso assiduo collaboratore di Wilder).
L'Appartamento | |
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Summary
“The Apartment”; di BILLY WILDER; con JACK LEMMON, SHIRLEY MacLAINE, FRED McMURRAY, RAY WALSTONE, JACK KRUSCHEN, HAL SMITH, BENNY BURT, DAVID LEWIS, HOPE HOLIDAY, JOAN SHAWLEE; commedia; USA, 1960; B/N; durata: 125’; |
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