L’Ultimo Imperatore

La storia di Pu Yi (John Lone), ultimo imperatore della Cina, dal 1908 agli inizi della rivoluzione maoista: nato imperatore, incoronato all’età di tre anni, morì cittadino qualsiasi della Repubblica Popolare Cinese.

Scritto dal regista con Mark Peploe, è uno dei titoli più celebri nella filmografia di Bernardo Bertolucci. Imponente ed emozionante, riesce a non scadere nella retorica del kolossal in costume o nelle classiche trappole del biopic (ovvero didatticismo e agiografia) anche attraverso una narrazione partecipe e coinvolgente, snodata in una struttura armoniosa ed equilibrata. Infatti, nella cornice di un contesto storico riportato con accademica accuratezza, la vita e l’evoluzione del protagonista scorrono in parallelo alle vicende ed i cambiamenti del popolo; sfarzoso affresco di un’epoca e di una cultura, è anche l’intimo ritratto (con echi di melodramma) di una solitudine tra ambizione ed inadeguatezza, tra sfortuna e tristezza: per alcuni bambino, per altri adulto, prigioniero di una splendida gabbia dorata fatta di rituali e tradizioni che dopotutto non disprezza, l’emblematico protagonista finirà da uomo comune circondato dai fiori (dapprima simboli di un potere non richiesto ed in seguito da lui curati con amore), nell’illusione della libertà. Grande successo internazionale e pioggia di riconoscimenti importanti: se in patria ottenne 3 Nastri d’Argento e 9 David di Donatello, negli USA fu premiato con 4 Golden Globe e ben 9 Oscar: miglior film, regia (premio per la prima volta assegnato ad un italiano), sceneggiatura, fotografia (splendida e cruciale, ad opera di Vittorio Storaro), scenografie (Fernando Scarfiotti, Bruno Cesari, Osvaldo Desideri), costumi (J. Acheson), colonna sonora (Ryuichi Sakamoto, con David Byrne e Cong Su), montaggio (Gabriella Cristiani) e suono. Girato in inglese, è anche il primo film occidentale con riprese all’interno della Città Proibita. Nella versione italiana il protagonista è doppiato da Giancarlo Giannini.