Ivan Locke (Tom Hardy) ha lavorato sodo per costruirsi la sua vita. Stanotte quella vita gli crollerà addosso. Alla vigilia della sfida più grande di tutta la sua carriera, Ivan riceve una telefonata che scatenerà una serie di eventi dagli effetti catastrofici per la sua famiglia, la sua carriera e la sua anima.
Girato in sole 8 notti con un budget limitato, un unico attore e una trama il cui svolgimento prevede il rispetto di una rischiosa unità di tempo e di spazio (85 minuti all’interno di un’automobile), questa sorprendente opera seconda di Steven Knight, già ottimo sceneggiatore per Frears (“Piccoli Affari Sporchi”) e Cronenberg (“La Promessa dell’Assassino”), si presenta come un perfetto esempio di film-scommessa, ma in realtà si rivela fin da subito essere molto più di un comunque riuscitissimo esercizio di cinema in tempo reale e in un ambiente circoscritto. Serrato, sommesso, acuto, talvolta anche ironico, senza cadute né passaggi artificiosi sebbene l’azione si svolga interamente a “portiere chiuse”, è una sorta di notturno kammerspiegel con echi di Cocteau a cavallo tra tesissimo thriller minimalista e coinvolgente dramma esistenziale: tra squilli ininterrotti, display luminosi e luci esterne ad intermittenza, le continue conversazioni con invisibili interlocutori di diversa attitudine scandiscono mirabilmente un solido impianto narrativo la cui vibrante intensità emotiva, evitando il ricorso ai facili espedienti di routine (retorica ad effetto, scene madri, sequenze esplicative), è ricavata da reazioni, sguardi, sensazioni, ben sfruttando la funzione e la centralità specifica del primo piano. Ma oltre allo spessore drammaturgico e alla maestria tecnico-stilistica (ottima gestione della suspense in crescendo, ingegnoso senso del ritmo e dello spazio, regia inventiva più che virtuosistica) c’è il merito di aver trasformato la vicenda “on the road” di un uomo modesto nell’odissea ordinaria di un eroe tragico in cui l’auto diviene luogo dell’anima ed il viaggio assurge a processo di rinascita: profondamente morale eppure non moralista, è uno splendido apologo sui rischi dell’assunzione delle responsabilità e sull’importanza di affrontare le conseguenze e le ripercussioni delle proprie azioni, dei propri errori e delle proprie scelte, anche ed in particolari modo quando, specie davanti a certi eventi che potrebbero scuotere la fragilità dell’esistenza umana, tali difficili decisioni potrebbe comunque condurre ad un destino ovviamente ineluttabile ma al tempo stesso profondamente incerto. Tutto ciò coadiuvato ed esaltato dalla grande interpretazione del protagonista Tom Hardy che, impegnato in un autentico “one-man show” di alto livello, offre una sfaccettata, incisiva, potente, straordinaria prova d’attore. Presentato fuori concorso allo scorso festival di Venezia, dove fu uno dei film più applauditi, avrebbe certamente meritato la competizione e magari un premio importante.
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Summary
id.; di Steven Knight; con Tom Hardy; drammatico; USA/ G.B., 2013; durata: 85’. |
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Voto al film
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