A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il pittore Walter Keane (Christoph Waltz) raggiunse un enorme e inaspettato successo, rivoluzionando la commercializzazione dell’arte con i suoi enigmatici ritratti di bambini dai grandi occhi. Finché non emerse una verità tanto assurda quanto sconvolgente: i quadri, in realtà, non erano opera di Walter ma di sua moglie Margaret (Amy Adams).
Lineare, quasi rigoroso nella sua classicità old-style dai colori sgargianti, in superficie Big Eyes potrà di primo acchito sembrare un film poco riconducibile allo stile visionario e al gusto gotico di Burton, ma se si guarda più in profondità, si vedrà che in realtà la materia è assai coerente con la sua poetica; se si trascura il percorso interiore della protagonista, si fraintende il nucleo di un film che, scritto guarda caso dagli specialisti di biopic Scott Alexander e Larry Karaszewski (che per il regista scrissero l’imperdibile Ed Wood), è invece assai burtoniano nel dipingere un carattere in linea con la galleria di figure in bilico tra fallimento ed eroismo che animano la filmografia dell’autore: tra la passione maldestra e adorabile del succitato Ed Wood e la triste ed incompresa umanità di Edward Mani di Forbice (anch’esso in fuga dalle casette allineate dai colori pastello, vivida allusione di una società di avvilente omologazione), la sua Margaret Keane è infatti un altro freak animato dal desiderio di emancipazione e dal bisogno di affermazione, il primo insidiato da un contesto sociale dove ben poche sono le possibilità di autonomia, il secondo frenato dalla difficoltà di manifestare la propria identità senza che l’essenza della sua arte, pura e genuina proprio perché viene dal cuore, venga macchiata da influenze, legittimazioni o contaminazioni. Non a caso, tra i temi portanti del film (dalla diversità che porta umiliazione e/o solitudine, fino al conseguente bisogno di riscatto) spicca il discorso sull’approccio alla produzione artistica (diviso tra giudizio critico, ricezione popolare e mercificazione), filtrato anche attraverso l’identificazione di Burton con il percorso dell’autore (in questo caso il gusto naif per il kitsch, i lavori su commissione, la comprensione talvolta altalenante dei fruitori) e connesso al discorso sulla percezione del mondo reale riversata in seguito nella modalità d’espressione; nello specifico, quella necessità d’affabulazione che tale condizione talvolta comporta (qui incarnata dal ghignante Walter, ma anche dalla personalità della moglie), può in questo caso rappresentare il complementare rovescio della medaglia del meraviglioso abbandono alla fantasia già narrato dal regista nello splendido Big Fish, a cui però quest’ultimo film risulta comunque inferiore per carica evocativa e forza narrativo-espressiva: infatti, se a livello formale Big Eyes si conferma un film sicuramente apprezzabile per quanto riguarda la cornice (fotografia di Bruno Delbonnel, musiche di Danny Elfman) e la ricostruzione d’epoca (scenografie di Rick Heinrichs, costumi di Colleen Atwood), d’altra parte risulta infatti a tratti didascalico nello svolgimento (non sfuggendo del tutto alle trappole del biopic) e non sempre equilibrato nei cambiamenti di tono (passando dalla commedia al melodramma fino al thriller giudiziario), risultando peraltro più convenzionale e meno riuscito anche rispetto al precedente e succitato Ed Wood, di cui non riesce ad eguagliare la complessità psicologica o esistenziale. Detto ciò, pur imperfetto e non privo di limiti, Big Eyes resta comunque un film piuttosto solido, assai godibile e coinvolgente, specie per lo sguardo sempre coerente di Burton verso i moti emotivi delle sue creature, di cui riesce a cogliere l’anima e il cuore con sognante affetto e sincera partecipazione. Tutto ciò coadiuvato dalle interpretazioni dei due interpreti principali (ben supportati da ottimi comprimari come Danny Huston e Terence Stamp): se l’amatissimo Waltz, pur nel suo eccessivamente marcato istrionismo, riesce sempre a convincere, l’adorabile Adams vince anche qui, offrendo una performance così sentita ed efficace da surclassare il co-protagonista, lasciando il segno per aderenza e sensibilità.
Big Eyes | |
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Summary
id.; di Tim Burton; con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Terence Stamp, Jason Schwartzman, Krysten Ritter, Jon Polito, Heather Doerksen, James Saito; drammatico; USA, 2014; durata: 105’. |
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