L’incredibile storia vera di Louis Zamperini e della sua straordinaria resistenza d’animo, che lo porterà a trionfare su durissime tribolazioni: figlio di una coppia di immigrati italiani, trascorre la fanciullezza in California come un giovane scapestrato di grande vivacità, ma durante l’adolescenza, anche grazie all’aiuto del fratello maggiore, canalizza la sua energia ribelle in un eccezionale talento per la corsa, arrivando a qualificarsi alle olimpiadi di Berlino nel 1936; allo scoppio della guerra, come la maggior parte dei ragazzi della sua generazione, si arruola nel servizio militare, ma durante una missione nel sud del Pacifico il suo aereo precipita: Louie trascorre così oltre 40 giorni alla deriva su una zattera insieme ad altri due avieri del Green Hornet, prima di essere catturato dalla marina giapponese e inviato in un campo di prigionieri di guerra.
Sulla carta gli elementi vincenti c’erano tutti: un’eccezionale storia vera (l’idea di portarla al cinema circolava a Hollywood fin dagli Anni Cinquanta), un buon romanzo d’origine come ottima fonte (l’autrice, Laura Hillenbrand, è la stessa di di Seabiscuit, anch’esso divenuto film nel 2003) e ben quattro (troppi?) sceneggiatori di prim’ordine a firmare l’adattamento, ovvero Richard LaGravenese, William Nicholson (che revisionò il copione) e nientemeno che i fratelli Coen (che lo riscrissero arrivando alla stesura definitiva). Le premesse facevano insomma ben sperare, ma anche per questo, nonostante le buone intenzioni, la seconda prova da regista di Angelina Jolie (dopo il discreto esordio nel 2011 con Nella Terra del Sangue e del Miele) lascia purtroppo l’amaro retrogusto di un’occasione mancata. Snodato in tre ideali capitoli nettamente definiti (prima le Olimpiadi di Berlino, poi la deriva oceanica e infine la permanenza nel campo di prigionia), nel tentativo di far risaltare al meglio i temi della fede e del perdono in una storia di forza d’animo e resistenza, il percorso a tappe del protagonista è impostato e raccontato come una sorta di via crucis, tanto da ricorrere, specialmente nella parte finale, a rimandi cristologici più o meno espliciti; ma anche al di là di tali discutibili soluzioni, in verità più grossolane che efficaci, nonostante una cornice di tutto rispetto (ottima colonna musicale del grande Alexandre Deplat e notevole fotografia di Roger Deakins, candidato all’Oscar insieme al sonoro), nel complesso l’operazione non può comunque dirsi riuscita: così concepito e convenzionalmente orchestrato, lo straordinario itinerario del protagonista, sminuito da una messa in scena decorosa ma non sempre all’altezza, scorre infatti sullo schermo con eccessiva meccanicità di struttura, assai piatto nei caratteri, privo di guizzi di stile e decisamente approssimativo negli innesti storici e/o narrativi (con un montaggio talvolta inadeguato che non aiuta il disomogeneo ricorso ai flashback), il tutto macchiato da un certo schematismo di fondo, piuttosto evidente specialmente nella resa della contrapposizione tra il coraggio dell’eroe americano e il sadismo dell’aguzzino nipponico (fonte di sonore polemiche da parte dei nazionalisti giapponesi). Il risultato è un film calligrafico a forte rischio retorica e dall’incolore tono agiografico in cui, pur sorretta dalla buona prova del giovane Jack O’Connell (ben supportato dall’esordiente Miyavi, cantante pop poco conosciuto in occidente e qui alla prima esperienza come attore), la figura del protagonista risulta infatti monodimensionale, lasciando quindi irrisolto il mistero del suo spirito indomabile. A questo proposito, forse al grande pubblico potrà bastare l’illustrativo finale con didascalie su immagini di repertorio (comunque più evocative e commoventi di gran parte dello svolgimento), ma d’altra parte l’inoppugnabile risvolto morale della storia avrebbe meritato un più originale e meno semplicistico trattamento: certo, in tutto ciò il film riesce a centrare qualche momento di vibrante pathos, e la storia resta comunque talmente eccezionale da riuscire magari ad interessare e persino a coinvolgere, ma assistere alle peripezie di Louie attraverso una rievocazione così patinata e priva di stimoli sminuisce le potenzialità di una storia di innegabile forza, rischiando peraltro quindi di vanificare l’intento di rendere giustizia al dramma umano e al lodevole messaggio tramandati dall’incredibile vita di Zamperini.
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Summary
id.; di Angelia Jolie; con Jack O’Connel, Domhnall Gleeson, Garrett Hedlund, Miyavi, Jai Courtney, Finn Wittrock, Alex Russell, Spencer Lofranco, Luke Treadaway, Vincenzo Amato, Maddalena Ischiale, Jordan Patrick Smith; drammatico; USA, 2014; durata: 137’. |
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