È morto il 2 Luglio all’età di 77 anni il grande regista e sceneggiatore Michael Cimino: autore animato da smisurate ambizioni nonché perennemente restio ad ogni compromesso, nel corso di una travagliata carriera a fasi alterne si impose come un personaggio simbolo della New Hollywood e del cinema americano degli Anni Settanta.
Appartenente alla terza generazione di una famiglia di immigrati italiani, Cimino nasce nel 1939 e cresce nel quartiere newyorkese di Long Island. Laureatosi in discipline artistiche, dopo aver conseguito un dottorato in pittura alla Yale University torna a Manhattan e si avvicina al mondo dello spettacolo, affermandosi negli anni successivi come apprezzato regista di spot televisivi. Nel 1971 si trasferisce quindi a Hollywood, dove collabora alla sceneggiatura del film di fantascienza 2002: La Seconda Odissea (sequel apocrifo del capolavoro di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello Spazio) e poi a quella del poliziesco Una 44 Magnum per l’Ispettore Callaghan (1973), secondo capitolo della fortunata saga con protagonista Clint Eastwood; conquistatosi la sua ammirazione, è proprio con quest’ultimo (in veste di interprete e produttore, con l’ausilio della sua casa di produzione Malpaso) che l’anno successivo Cimino esordisce alla regia realizzando l’atipico e sorprendente gangster movie Una Calibro 20 per lo Specialista, di cui firma anche la sceneggiatura; il film diventerà un cult, anche se la vera consacrazione arriverà quattro anni dopo, quando Cimino si impone a livello internazionale con Il Cacciatore, suo primo film ad alto budget ed interpretato da un cast di altissimo livello tra cui spiccano Robert De Niro, John Cazale, Christopher Walken e una giovane Meryl Streep (al suo primo ruolo importante). Attraverso la vicenda di tre amici che dopo la fuga dai Vietcong scelgono strade opposte, il film (che sintetizza in maniera esemplare i modi e le tematiche del cinema di Cimino) è uno dei primi a raccontare gli orrori della guerra del Vietnam, sconvolgendo un’America che non aveva ancora elaborato la devastante sconfitta. Pur dovendo affrontare le accuse di chi giudicò il film reazionario, la centrale e potente riflessione sulle conseguenze del conflitto nella condizione sociale e psicologica di coloro che vi parteciparono conquista pubblico e critica: la scena della roulette russa entra nella storia e la pellicola si aggiudica ben 5 premi Oscar tra cui miglior film, regia e migliore attore non protagonista a Walken. Un grande risultato che tuttavia non si ripeterà: nel 1980 Cimino realizza infatti I Cancelli del Cielo, epico affresco ambientato nel Wyoming del 1890 che nel raccontare la contesa tra i potenti allevatori di bestiame e i coltivatori immigrati dall’Europa orientale punta a smontare la mitologia del West. Sulla scia del successo de Il Cacciatore, per realizzare questa sua nuova opera (ricavata da un suo soggetto precedentemente accantonato) Cimino ottiene grandi libertà dalla produzione, ma il progetto si rivela ben presto troppo ambizioso: le altissime aspirazioni dell’autore rendono la lavorazione decisamente travagliata, le riprese si trascinano per due anni e il budget lievita in maniera esorbitante (44 milioni di dollari invece dei 12 preventivati). Anche a fronte di tutto ciò, l’esito di tale audace quanto rischiosa operazione (rivalutata solo in tempi recenti) si rivela disastroso oltre ogni aspettativa: alla sua uscita, il film è infatti un clamoroso insuccesso che nemmeno le tempestive modifiche al montaggio (tra cui una drastica quanto obbligata riduzione della smisurata durata) riescono ormai ad evitare; nonostante le reazioni entusiastiche della stampa europea (che ne elogiò specialmente l’indubbio fascino di alcuni indimenticabili squarci lirici), in patria fu giudicato irrisolto dalla critica ed accolto con estrema freddezza dal pubblico, passando alla storia come uno dei più disastrosi fiaschi della Hollywood più recente. Il fragoroso flop segna il fallimento della casa di produzione United Arists e, insieme, il declino della fortuna dello stesso Cimino: la sua reputazione è ormai compromessa, e da quel momento i produttori gli imporranno severe restrizioni, costringendolo ad un’attività decisamente più sporadica e di più modeste ambizioni. Dopo cinque anni di esilio, è il produttore Dino De Laurentiis ad offrirgli l’occasione di tornare dietro la macchina da presa con L’Anno del Dragone; tratto da un romanzo di Robert Daley, adattato per lo schermo dal regista insieme ad Oliver Stone, il film (interpretato da un carismatico Mickey Rourke) è un teso, violento ed incalzante poliziesco in cui l’estro visionario dell’autore è messo alla prova dai suddetti compromessi produttivi; tale svolta è evidente anche nel suo film successivo, ovvero Il Siciliano (1987), altisonante ricostruzione non del tutto convincente della vita di Salvatore Giuliano (interpretato da Christopher Lambert) tratta da un romanzo di Mario Puzo. Negli anni Novanta la carriera di Cimino subisce un’ulteriore rallentamento: dopo il noir psicologico Ore Disperate (in cui torna a dirigere Rourke), il regista torna dietro la macchina da presa solo nel 1996 per quello che sarà il suo ultimo lungometraggio, dimostrando ancora una volta il suo energico talento visionario con l’atipico road movie Verso il Sole (1996), interpretato da Woody Harrelson e presentato al festival di Cannes. Negli ultimi tempi, in attesa di poter tornare sul set dopo alcuni progetti non realizzati, Cimino ha riversato la sua energia creativa gettandosi nell’attività parallela di romanziere, pubblicando ben tre libri tra cui il più recente Big Jane, tradotto anche in Italia. Nel 2015 gli è stato assegnato il prestigioso Pardo d’Onore al festival di Locarno; in questa occasione, quando ormai già da tempo l’attenzione si era spostata sulle stranezze della sua vita privata da tempo condotta quasi in isolamento, l’autore aveva ribadito di non essersi mai fatto intimidire dalle critiche, affermando: “Non ho alcuna reazione, non leggo le recensioni, né le migliori né le peggiori. Potete chiamarmi come volete”.