Un grave doppio lutto ha colpito il mondo del cinema: nell’arco di ventiquattr’ore ci hanno infatti lasciato Carrie Fisher e la madre Debbie Reynolds, entrambe attrici amatissime. La prima, anche scrittrice, conquistò fama internazionale interpretando il mitico ruolo della principessa Leila nella saga di Guerre Stellari; la seconda, anche cantante e ballerina, era divenuta celebre durante l’epoca d’oro del musical recitando nel capolavoro Cantando Sotto la Pioggia.
Nata a Beverly Hills nel 1956 dall’unione tra la Reynolds e il cantante Eddie Fisher (che due anni dopo mise fine al matrimonio per sposare Elizabeth Taylor), Carrie cresce con l’idea di seguire le orme dei genitori. Abbandonati gli studi per diventare attrice, nel 1973 debutta a Broadway interpretando il ruolo della madre nel revival di Irene. Dopo aver frequentato per 18 mesi la Central School of Speech and Drama di Londra, nel 1975 esordisce al cinema con un ruolo nella commedia Shampoo di Hal Ashby, accanto a Warren Beatty, Julie Christie e Goldie Hawn. La vera consacrazione arriva però nel 1977, quando appena diciannovenne viene scelta da George Lucas per interpretare la mitica principessa Leila Organa in Guerre Stellari: la pellicola è un successo planetario e le conferisce un’immediata fama internazionale; eppure, forse proprio anche a causa di questa rapida affermazione (che tuttavia le rende difficile scrollarsi quegli iconici panni di dosso, relegandola quindi a ruoli di secondo piano), in quegli anni Carrie (peraltro già provata da una situazione familiare che rimane complessa) cade nell’abuso di alcol e stupefacenti; già così evidente da compromettere la qualità di alcune sue performance (tra cui quella nello speciale televisivo The Star Wars Holiday Special, in cui l’attrice interpretava nuovamente la principessa Leila), la dipendenza diventa in seguito ancora più preoccupante: nel 1980 viene infatti quasi licenziata in tronco durante le riprese del cult The Blues Brothers di John Landis, in cui recita al fianco del compagno di allora Dan Aykroyd nel ruolo della vendicativa fidanzata del co-protagonista John Belushi (all’epoca anch’esso in una simile spirale di eccessi che crearono non poche difficoltà alla produzione). Presa coscienza del problema, decide quindi di curarsi, iscrivendosi alla Narcotics Anonymous e agli Alcolisti Anonimi. All’età di 24 anni le viene inoltre diagnosticato un disturbo bipolare, ma Carrie riesce ad accettare la diagnosi solo nel 1985 dopo un’overdose accidentale di farmaci. In seguito, racconta della sua disintossicazione (ma anche del suo travagliato rapporto con la madre) nel libro semi-autobiografico Cartoline dall’Inferno, divenuto un best seller e da lei stessa anche adattato per lo schermo quando nel 1990 ne viene tratto l’omonimo film diretto da Mike Nichols ed interpretato da Meryl Streep e Shirley MacLaine. Il successo del film la porta ad affermarsi non solo come scrittrice (attività che continuò a svolgere parallelamente per tutta la sua vita), ma anche come stimata script doctor, revisionando numerose sceneggiature di film poi divenuti grandi successi: tra questi figurano Sister Act con Whoopi Goldberg, Hook – Capitan Uncino di Steven Spielberg, Last Action Hero con Arnold Schwarzenegger e Prima o poi me lo sposo di Frank Coraci, ma anche The River Wild di Curtis Hanson, L’Amore ha due Facce di Barbra Streisand, Prima ti sposo poi ti rovino dei fratelli Coen e Arma Letale 3 (per il quale scrisse parte dei dialoghi di Rene Russo). Nel 1983 sposa il celebre cantautore Paul Simon, ma il matrimonio dura solo un anno; nel 1991 inizia invece una relazione con l’agente Bryan Lourd: dalla loro unione (conclusasi nel 1994) nasce la figlia Billie, anch’essa attrice. Nel frattempo Carrie continua naturalmente anche a recitare: dopo aver ripreso il ruolo della principessa Leila nei due sequel di Guerre Stellari (ovvero L’Impero Colpisce Ancora e Il Ritorno dello Jedi), nel corso degli anni Ottanta partecipa, in ruoli secondari ma piuttosto importanti, a diversi film di successo tra cui Hannah e le sue Sorelle di Woody Allen, L’Erba del Vicino di Joe Dante e Harry ti Presento Sally di Rob Reiner (in cui si fa particolarmente notare nella parte della migliore amica della protagonista Meg Ryan). Negli anni Novanta compare in diverse commedie tra cui Scappatella con il Morto, Bolle di Sapone e nel primo film della serie Austin Powers, mentre nel decennio successivo, oltre ad alcune partecipazioni a serie televisive di successo come Sex and the City, 30 Rock e The Big Bang Theory, prende parte (sempre in ruoli di contorno) a vari film di genere differente, spaziando dall’horror con Scream 3 di Wes Craven alla commedia con Heartbreakers – Vizio di Famiglia fino al cinema d’autore con Maps to the Stars di David Cronenberg. Nel 2009 porta invece in scena Wishful Drinking, spettacolo in cui ripercorre la propria vita tornando a riflettere sulle proprie vicende familiari, sul disturbo bipolare e sulla dipendenza da stupefacenti, mentre nel 2013 è tra i membri della giuria al festival di Venezia. Lo scorso anno era tornata a vestire i panni di Leila per J.J. Abrams nel settimo capitolo della saga di Guerre Stellari, ovvero Il Risveglio della Forza, di cui prima della morte è riuscita a completare il sequel, che uscirà postumo nel 2017. Il 23 dicembre 2016, mentre è in volo da Londra a Los Angeles, quindici minuti prima di atterrare viene colpita da un infarto che le provoca un arresto cardiaco, e una volta a terra viene ricoverata in ospedale; nonostante le sue condizioni sembrino stabilizzarsi, Carrie muore quattro giorni dopo, circondata dall’affetto dei suoi cari.
Il giorno dopo la sua morte scompare anche la madre Debbie, stroncata da un infarto mentre insieme ai familiari stava organizzando il funerale della figlia.
Nata in Texas nel 1932, sette anni più tardi si trasferì con i genitori in California. Nel 1948, mentre frequentava le scuole superiori, vinse il concorso di bellezza Miss Burbank, e nello stesso anno esordì al cinema con una breve apparizione in Vorrei sposare. Scritturata dalla Warner Bros., nel 1950 le venne affidata una parte di rilievo in The Daughter of Rosie O’Grady di David Butler, ma fu con la Metro-Goldwyn-Mayer che realizzò i suoi film più celebri: nello stesso anno si fa infatti notare in Tre Piccole Parole di Richard Thorpe accanto a Fred Astaire, film per il quale ricevette una nomination al Golden Globe come migliore attrice debuttante. Graziosa ed esuberante, discreta ballerina e cantante, si rivelò ben presto capace di rappresentare perfettamente lo spirito della commedia musicale e sentimentale dell’epoca, frequentando assiduamente tale filone e lavorando con i migliori registi del genere, raggiungendo grande popolarità a diciannove anni con il mitico musical Cantando sotto la Pioggia (1952), capolavoro di Gene Kelly e Stanley Donen. Quest’ultimo la diresse anche in Tre ragazze di Broadway (1953), anch’esso calato in quell’ambientazione nel mondo dello spettacolo che caratterizzò varie pellicole che la videro protagonista come Susan ha dormito qui (1954), Il Fidanzato di Tutte con Frank Sinatra (1955), La Tentazione del signor Smith di Blake Edwards (1958) e Gazebo di George Marshall (1959). Nel 1955 aveva sposato in prime nozze il cantante Eddie Fisher, da cui ebbe due figli (la maggiore Carrie e il secondogenito Todd, nato nel 1958 e anch’esso in attività nel mondo dello spettacolo); i due divorziarono nel 1959 quando Fisher (scatenando uno scandalo di notevole impatto mediatico che portò alla cancellazione del suo show televisivo) la lasciò per sposare Elizabeth Taylor, da poco vedova del produttore Mike Todd nonché migliore amica di Debbie; le due in seguito si rappacificarono, recitando anche insieme nel film televisivo These Old Broads del 2001, scritto dalla figlia Carrie e in cui Debbie e la Taylor ricordavano con ironia i loro trascorsi con Fisher. Dopo il divorzio dal cantante, Debbie si sposò altre due volte, prima con il milionario Harry Karl e poi con l’imprenditore Richard Hamlett. Dopo essere rivelata anche sensibile interprete drammatica in Pranzo di Nozze (1956, adattato da Gore Vidal e diretto da Richard Brooks), l’attrice tornò ai ruoli brillanti recitando in pellicole come Un Turbine di Gioia (1956) e Tammy and the Bachelor (1957), in cui interpretò la canzone di grande successo “Tammy” (rimasta in prima posizione negli Stati Uniti per ben tre settimane). Negli anni Sessanta partecipò invece al film La Conquista del West (diretto a sei mani da John Ford, Henry Hathaway e George Marshall con la collaborazione di Richard Thorpe) per poi tornare nuovamente alla commedia musicale recitando in pellicole come Ciao, Charlie di Vincente Minnelli e Voglio essere amata in un letto d’ottone di Charles Walter (entrambi girati nel 1964); per quest’ultimo film viene inoltre candidata all’Oscar e al Golden Globe come migliore attrice protagonista, ma lo scarso successo di altri film interpretati in quel periodo la indusse a tornare a Broadway. Nel 1973 recita quindi nel revival dello spettacolo Irene (interpretando lo stesso ruolo ripreso in seguito anche dalla figlia Carrie), con il quale riscuote grande successo aggiudicandosi inoltre una nomination al Tony Award come miglior attrice. Successivamente riscosse grande successo in televisione con lo show Ciao Debby! (per cui ricevette una nuova nomination al Golden Globe), mentre negli anni Settanta tornò al cinema cimentandosi in un ruolo per lei insolito nel thriller grottesco I Raptus segreti di Helen (1971). Da allora frequentò il grande schermo più saltuariamente e in ruoli minori. Nel 1988, in collaborazione con D.O. Columbia, scrisse inoltre l’autobiografia Debbie: My Life. Tra i suoi ultimi lavori, da citare sono almeno Mamma torno a Casa di Albert Brooks (1996, per cui ricevette la sua quinta ed ultima candidatura al Golden Globe) e In & Out di Frank Oz (1997), film nei quali tornò a mostrare quella brillante verve che l’aveva resa una star. Negli anni più recenti aveva partecipato principalmente a produzioni televisive, distinguendosi nel ruolo dell’invadente madre di Debra Messing nella sitcom Will & Grace. La sua ultima apparizione fu nel 2013 in Dietro i Candelabri di Steven Soderbegh (ottimo film televisivo targato HBO con Michael Douglas e Matt Damon), in cui si dimostrò capace di lasciare il segno pur comparendo in sole due sequenze. Oltre ad aver ricevuto ben due stelle sulla Hollywood Walk of Fame (per i suoi contributi in teatro e in televisione), nel 2014 Debbie si era aggiudicata anche un SAG Award alla carriera, mentre l’anno successivo l’Academy le aveva conferito il premio umanitario Jean Hersholt (ovvero l’Oscar speciale per i meriti filantropici, evidenziati dal suo status di membro emerito di The Thalians, ente di beneficenza focalizzato nell’aiutare persone affette da problemi di salute mentale). Anche imprenditrice ed appassionata collezionista di memorabilia di Hollywood, Debbie è morta il 28 dicembre 2016 all’età di 84 anni: mentre era impegnata nei preparativi per il funerale di Carrie, l’attrice ha accusato un malore ed è stata ricoverata al Cedars Sinai Hospital di Los Angeles, dove le sue condizioni erano subito appare molto gravi. Dopo poche ore, forse troppo provata dal dolore per la perdita della figlia, Debbie la raggiunge. A detta del figlio Todd, le sue ultime parole sono state: “Mi manca troppo: voglio stare con Carrie”. Sul loro rapporto è stato anche recentemente realizzato il documentario Bright Lights: Starring Carrie Fisher e Debbie Reynolds, che verrà presentato al festival del cinema di Palm Springs per poi essere trasmesso a marzo su HBO.