È morto a 73 anni Jonathan Demme, regista, produttore e sceneggiatore: con il suo cinema, spesso frutto di una rivisitazione e una commistione di generi diversi, seppe unire talento visionario con una collaudata pratica artigianale, riuscendo a dimostrare il suo eclettismo non solo in osannate opere di fiction (raggiungendo grande notorietà con il thriller Il Silenzio degli Innocenti, per cui vinse l’Oscar), ma anche coltivando una florida carriera parallela di documentarista.
Nato nello stato di New York il 22 febbraio 1944, intorno alla metà degli anni Sessanta intraprese gli studi di veterinaria, ma in seguito la passione per il cinema prese decisamente il sopravvento. In seguito riuscì quindi ad entrare nello staff del produttore Joseph E. Levin, lavorando come agente pubblicitario per compagnie come Pathé Contemporary e United Artists; fu così che (dopo aver lavorato per due anni anche come critico cinematografico) all’inizio degli Anni Settanta ebbe la possibilità di entrare in contatto con il regista Roger Corman, fondatore e gestore della New World Pictures, casa di produzione indipendente molto attiva nella realizzazione di film a basso costo che contribuì a lanciare una nutrita serie di registi cui figurano Joe Dante, Jonathan Kaplan, Paul Bartel, Ron Howard, ma anche Coppola, Allen, Scorsese e De Palma. Così, dopo qualche esperienza come sceneggiatore, nel 1974 Demme ottiene la possibilità di esordire alla regia con Femmine in Gabbia, film carcerario al femminile in linea con la produzione exploitation della New World. A tale debutto (che segna anche l’inizio del suo sodalizio con il direttore della fotografia Tak Fujimoto, che diventerà infatti suo collaboratore abituale) seguono altri due film per la casa di produzione di Corman, ovvero l’action-comedy Crazy Mama (in cui esordì l’attore Bill Paxton) e il western rurale Fighting Mad, in cui già affiora uno dei temi ricorrenti nella sua filmografia, ovvero quello della ribellione all’autoritarismo. In seguito, dopo aver diretto il road movie Handle with Care (apprezzato dalla critica che però ottenne uno scarso successo), Demme si fece notare con Il Segno degli Hannan, sobrio thriller romantico debitore di Hitchcock e Welles, spesso ricordato per il memorabile finale alle cascate del Niagara. In seguito al buon riscontro della pellicola, la United Artist produsse il suo film successivo, ovvero Una Volta ho Incontrato un Miliardario, spigliato film che richiama la sofisticata leggerezza delle commedie sofisticate Anni Trenta. Il film, che narra di un ipotetico incontro tra un anonimo giovanotto e il magnate Howard Hughes, fu ben accolto dalla critica e fece ottenere a Mary Steenburgen il premio Oscar come miglior attrice non protagonista. Sulla scia di tale successo, Demme fu chiamato a dirigere Swing Shift – Tempo di Swing, nostalgico dramma al femminile ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, film che però ebbe una lavorazione travagliata e alla sua uscita non fu ben accolto dalla critica, ottenendo anche uno scarso riscontro con il pubblico. In seguito, Demme si allontanò da Hollywood per portare al cinema la musica dei Talking Heads con Stop Making Sense, ad oggi considerato uno dei migliori esempi di film-concerto mai realizzati, che vinse il premio National Society of Film Critics come miglior documentario. Nel 1986 realizzò invece Qualcosa di Travolgente, trascinante commedia sui generis con protagonisti Melanie Griffith e Jeff Daniels: presentato fuori Concorso al Festival di Cannes ed osannato dalla critica, il film unisce una originale rielaborazione della screwball comedy alla Howard Hawks con una rivisitazione del noir alla Hitchcock. Dopo Swimming to Cambodia (versione cinematografica del monologo teatrale di Spaulding Gray), nel 1988 Demme torna alla contaminazione dei generi con Una vedova allegra… ma non troppo, riuscito mix di gangster movie e commedia farsesca guidato da un’ottima Michelle Pfeiffer candidata al Golden Globe. L’anno precedente aveva anche fondato una propria società di produzione, ma è nel 1991 che Demme si impone definitivamente come un regista di riferimento ad Hollywood dirigendo il memorabile thriller Il Silenzio degli Innocenti: nel film, tratto dal romanzo di Thomas Harris, Demme dimostra egregiamente tutto il suo talento, riuscendo a creare tensione senza scadere nel sensazionalismo, caricare le immagini di emozione e delineare una profonda inquietudine nel rapporto tra la giovane recluta dell’FBI Clarice Sterling e lo psichiatra pluriomicida Hannibal Lecter, personaggio non a caso entrato nell’immaginario collettivo; il film ottiene un enorme successo di pubblico e di critica, aggiudicandosi il premio per la miglior regia al festival di Berlino e trionfando in seguito anche agli Oscar, dove infatti (eventualità verificatasi soltanto due volte in precedenza) ottenne i 5 riconoscimenti di primaria importanza per miglior film, regia, miglior attore ad Anthony Hopkins, miglior attrice a Jodie Foster e migliore sceneggiatura non originale. L’anno successivo, oltre al documentario Cousin Bobby, sulla figura del cugino Robert Castle (parroco battista a Harlem che negli anni Sessanta si era avvicinato al movimento delle Pantere Nere), Demme dirige un’altra pellicola importante ed amatissima, ovvero Philadelphia, prima produzione hollywoodiana di alto costo sul tema dell’Aids: coinvolgente dramma giudiziario che diventa una toccante lezione di tolleranza e un’intensa requisitoria sui pregiudizi, il film segnò un nuovo grande successo per il regista, facendo inoltre ottenere il primo Oscar allo straordinario protagonista Tom Hanks (ottimamente supportato da un ottimo Denzel Washington), premiato insieme alla canzone “Streets of Philadelphia” di Bruce Springsteen. Meno fortunato fu il successivo Beloved con protagonista Oprah Winfrey (realizzato dopo una pausa forzata di circa cinque anni e non distribuito in Italia), a cui seguirono due remake, ovvero The Truth About Charlie (rifacimento del giallo-rosa Sciarada di Stanley Donen, con Mark Wahlberg nel ruolo che fu di Cary Grant) e il thriller The Manchurian Candidate (rivisitazione del classico Va’ e Uccidi di John Frankenheimer), in cui torna a dirigere Denzel Washington, affiancandogli questa volta la sempre grande Meryl Streep. Questi ultimi lavori non ottennero il successo dei precedenti, eppure Demme continuò a dimostrare il suo eclettico talento continuando nel frattempo la sua carriera parallela di documentarista, proseguita infatti anche in quegli anni con risultati degni di nota in cui seppe restare coerente con la sua idea di cinema anche al di fuori della fiction: in tali lavori, il regista continuò infatti ad esprimere da una parte il suo interesse per importanti temi socio-politici, come nell’ottimo The Agronomist (sulla figura di Jean Dominique) o in Jimmy Carter Man from Plains, e dall’altra la sua passione per la musica, evidente non solo nella trilogia dedicata all’amico Neil Young, ma anche in Justin Timberlake and the Tennessee Kids e nel commovente Enzo Avitabile Music Life (presento nel 2012 al Festival di Venezia). Demme applicò tale pratica di documentarista anche nel suo ritorno alla fiction nel 2008 con l’ottimo Rachel sta per sposarsi, anomalo dramma familiare guidato da un’ottima Anne Hathaway (giustamente candidata all’Oscar) e non a caso a sua volta ricco di musica, in cui il cinema corale di Altman pare incontrare alcuni moduli del Dogma danese per raccontare uno scontro di emotività riuscendo a coinvolgere senza scadere nel sentimentalismo. A quest’opera seguirono poi A Master Builder nel 2013 (adattamento cinematografico del dramma Il Costruttore Solness di Ibsen) e infine Dove Eravamo Rimasti nel 2015, quest’ultimo sceneggiato dal premio Oscar Diablo Cody e in cui il regista ritrovò Meryl Streep, affidandole questa volta il ruolo brillante di una madre rock star alle prese con la famiglia dalla quale si era allontanata. Fu questo il suo ultimo film: malato ormai da qualche anno di tumore all’esofago, nonostante le cure gli avessero permesso di tornare in pubblico (tanto che nel 2015 tornò al festival di Venezia in qualità di presidente della giuria della sezione Orizzonti), Jonathan Demme è morto il 26 Aprile 2017, all’età di 73 anni.