Quando l’anziana matriarca della famiglia Graham muore, sua figlia Annie (Toni Collette), il marito Steve (Gabriel Byrne) e i loro due figli (Alex Wolff e Milly Shapiro) cominciano lentamente a scoprire un’inaspettata serie di oscuri segreti che grava sulla loro famiglia, trovandosi ben presto costretti ad affrontare il terrificante destino che sembrano quindi aver ereditato.
Proprio come accadde in precedenza con Babadook, The Witch e Scappa – Get Out (che arrivò addirittura agli Oscar), anche quest’anno un notevole horror indipendente diretto da un esordiente ha entusiasmato la critica fin dall’anteprima al Sundance Film Festival, dove è stato infatti accolto trionfalmente generando un passaparola sempre più esteso fino ad accompagnarne a distanza di diversi mesi anche l’ormai quindi attesissima uscita in sala. Così, con l’appoggio della società di produzione A24 (divenuta non a caso in pochi anni di culto per la lungimiranza con cui offre libertà artistica ad autori meritevoli) questo sorprendente debutto nel lungometraggio di Ari Aster (già fattosi notare con alcuni solidi corti) si è rivelato un vero e proprio caso, tanto da essersi in poco tempo guadagnato lo statuto di miglior horror dell’anno: un titolo che si rivela meritato e calzante innanzitutto per come il giovane regista e sceneggiatore si rivela capace di incutere e trasmettere paura senza ostentarla attraverso i facili espedienti spesso abusati nei prodotti di routine, bensì insinuandola lentamente nello spettatore adottando un personale ed efficace approccio “arty” controllato e rigoroso quanto ipnotico ed agghiacciante. Infatti, ad una prima parte durante la quale lentamente accumula una palpabile inquietudine creando un clima di crescente minaccia corrisponde una seconda (innescata da un colpo di scena di forte impatto che fa da spartiacque) in cui tali elementi sfociano in un terrore che si propaga con vibrante e trascinante suggestione, il tutto coadiuvato anche dall’attenzione al cruciale apparato scenografico e dalla colonna sonora del sassofonista Colin Stetson. Snodando quindi in tale maniera non convenzionale un soggetto che peraltro si rivela semplice soltanto in superficie, Aster scardina gli schemi del filone spiritico-demoniaco per attraversarne e poi superarne gli stilemi impostando il tutto come un angoscioso dramma familiare intimista che in un calibrato intensificarsi di tesissima suspense si deforma e si evolve per assumere progressivamente i tratti di un allucinato incubo soprannaturale spaventosamente realistico. Infatti, anche nei suoi spunti allegorici su disfunzioni familiari e instabilità interiori, tale ritratto di un quotidiano invaso da un male irrefrenabile si eleva a raggelato ed impietoso resoconto della genesi di un orrore a macchia d’olio che fa capo ad una concezione fatalista della discendenza, rappresentata come un’ancestrale predestinazione che surclassa ogni controllo conducendo ad un destino ineluttabile al quale nemmeno attraverso il libero arbitrio è possibile sottrarsi: non a caso, pur tentando di sfuggire ai tormenti mai sopiti per la sua travagliata storia familiare fissandoli nell’arte delle sue miniature, ben presto Annie scoprirà di non avere alcun controllo sul contesto di incombente fatalità al quale come i suoi congiunti è legata per vincolo di sangue, proprio come un’impotente statuetta manovrata da forze più alte in quella casa di bambole che emblematicamente apre il film divenendo ambientazione in cui introdurre anche lo spettatore. Ad incarnarla è una grande Toni Collette, la quale (supportata da ottimi comprimari tra cui spiccano la caratterista di livello Ann Dowd e la piccola quanto efficace Milly Shapiro), a quasi vent’anni da Il Sesto Senso torna a farsi notare in un’altra storia di spiritismo offrendo una performance tra le migliori della sua carriera, davvero poderosa per come delinea le sfumature di dolore, risentimento ed impotenza che scandiscono la graduale discesa in una demoniaca follia. Un’interpretazione davvero notevole che quindi impreziosisce ulteriormente quello che, già accostato con merito ad alcune pietre miliari dell’horror (da Rosemary’s Baby per la costante sensazione d’angoscia a L’Esorcista per i passaggi di genuino terrore), è stato inoltre non a caso indicato fin da subito anche da voci autorevoli come uno dei più folgoranti e spaventosi contributi al genere degli ultimi tempi.
Hereditary - Le radici del male | |
Hereditary - Le radici del male | |
Summary
"Hereditary"; di Ari Aster; con Toni Collette, Gabriel Byrne, Alex Wolff, Milly Shapiro, Ann Dowd; horror; USA, 2018; durata: 127'. |
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