Scottie, investigatore di San Francisco che soffre di acrofobia, sorveglia Madeleine, moglie con presunte tendenze al suicidio di un ex compagno di scuola, e se ne innamora. Quando lei si butta da un campanile, lui va in depressione, ma qualche tempo dopo incontra Judy, che gli appare come la reincarnazione (degradata) di Madeleine, diventando per lui un’ossessione.
È uno dei titoli più celebri e rappresentativi del Maestro Alfred Hitchcock che, traendo materia dal romanzo “D’entre les Morts” di Thomas Narcejac e Pierre Boileu (adattato per lo schermo da Alec Cooper e in seguito da Samuel A. Taylor, che revisionò la sceneggiatura ottenendo l’approvazione del regista), ha realizzato uno straordinario capolavoro di grande fascino arcano e conturbante, giustamente definito come uno dei film più labirintici mai realizzati. Sviluppato attraverso un’esemplare struttura a scatole cinesi, è infatti il bellissimo quanto enigmatico racconto di un’ossessione romantica che si snoda in diversi percorsi e lascia tracce complesse, assumendo quindi molteplici sensi e significati (dal bisogno di una seconda occasione alla dicotomia tra la realtà percepita e quella oggettiva). In costante e sorprendente equilibrio tra crepuscolare romanticismo e nerissima tensione, è una storia di amore e di morte in cui il tema del doppio, fondendosi con quello del passato che ritorna perché popolato da fantasmi (rimandando al mito di Orfeo ed Euridice), si macchia di necrofilia ed assume una nuova dimensione, sprofondando in una vertigine che (richiamata non a caso dal titolo originale) è anche etica ed esistenziale: tra piste false ed emozioni contrastanti, rimandi interni e sapienti allusioni (dall’attento uso del colore ai creativi giochi di specchi fino al centrale e ricorrente motivo della spirale), il senso di spaesamento ed inquietudine che lo pervade insinuandosi anche nello spettatore corrisponde infatti a quello del grande protagonista James Stewart, vittima di un’ossessione che finirà per trascinarlo, insieme alla tormentata Kim Novak, in un abisso di progressiva fatalità. Tutto ciò reso magistralmente da Hitchcock attraverso una messa in scena florida di sorprendenti invenzioni registiche (tra cui quella celeberrima sulle scale del campanile con il cosiddetto “effetto vertigine”, ottenuto dalla combinazione di carrello all’indietro e zoom in avanti) in cui inoltre si possono ritrovare molti dei suoi temi prediletti (dal transfert d’identità all’attanagliante umana sfiducia, dall’ambiguo rapporto tra i sessi agli inganni delle apparenze). Non è certo un caso che un film così denso, trascinante e pressoché eccellente in ogni sua componente (dalla fotografia di Robert Burks alle musiche di Bernard Herrmann, dalla scenografia di Henry Bumstead candidata all’Oscar finanche agli iconici titoli di Saul Bass) sia considerato uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, tanto da occupare il primo posto nella nuova classifica dei migliori film di sempre stilata nel 2012 dal British Film Insitute.
La Donna che Visse Due Volte - Vertigo | |
La Donna che Visse Due Volte - Vertigo | |
Summary
“Vertigo”; di ALFRED HITCHCOCK; con JAMES STEWART, KIM NOVAK, TOM HELMORE, HENRY JONES, BARBARA BEL GEDDES, LEE PATRICK, RAYMOND BAILEY, KONSTANTIN SHAYNE, ELLEN CORBY; thriller; USA, 1958; durata: 124’; |
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2 Comments
cinemaleo
Il mio Hitch preferito, uno dei film che più amo in assoluto
elia88
@ cinemaleo: Di certo uno dei più grandi capolavori di sempre, e uno dei vertici della filmografia del grande maestro “Hitch”, sempre capace di offrirci, ogni volta, come sempre, grandi lezioni di cinema.