Attraverso sei episodi indipendenti si rievoca l’avanzata in Italia delle truppe angloamericane, dallo sbarco in Sicilia nel luglio del 1943 fino alla lotta dei partigiani sul delta del Po nell’inverno del 1944, passando per Napoli, Firenze e l’Appennino emiliano.
Dopo il successo internazionale di Roma Città Aperta, Rossellini prosegue la sua “trilogia della guerra antifascista” (chiusa due anni più tardi da Germania Anno Zero) con questo imperdibile capolavoro che, tra i film italiani più noti ed apprezzati anche all’estero, resta inoltre una delle massime espressioni del neorealismo cinematografico, nonché una delle opere più rappresentative nell’itinerario del grande regista. Partendo da una sceneggiatura (da lui sviluppata, sulla base di un soggetto collettivo, nuovamente in collaborazione con Sergio Amidei e Federico Fellini) che rappresentò perlopiù una sorta di canovaccio durante un processo creativo spesso estemporaneo o improvvisato, Rossellini estende all’intera nazione lo sguardo sulla capitale occupata offerto con il succitato film precedente, riducendo ulteriormente lo scarto tra cronaca e melodramma in favore di una trasfigurazione della verità ancor più genuina. Perché, nel rendere su schermo la dura realtà di un drammatico contesto storico-sociale, il regista la dispiega davanti ai nostri occhi con spontanea verità per coglierne e quindi esaltarne la profonda tensione morale senza forzature o concessioni alla spettacolarizzazione, elevando un denso materiale da reportage a vivida testimonianza diretta di incisiva autenticità. Infatti, nella sua struttura episodica accentuata da un funzionale ricorso al multilinguismo e ai diversi dialetti, il tutto trova coerenza seguendo come filo conduttore la risalita degli Alleati per comporre con partecipe spirito unitario il ritratto a mosaico di una dolente Resistenza comune, assurgendo così a potente affresco collettivo di un’Italia ferita ma valorosa, colta in un momento di sospensione che, tra conflitti e ribaltamenti di ruoli, si traduce su schermo in vibrante tensione morale. Tra le sei tappe (alle quali il progetto originale prevedeva di aggiungere una settima in Val d’Aosta, poi non inclusa), a spiccare sono forse soprattutto quella fiorentina (con l’infermiera inglese in cerca dell’amato partigiano in un capoluogo diviso dal conflitto) e la conclusiva a Porto Tolle (la più angosciosa e solenne), che nel finale non conciliatorio pare inoltre per anticipare quell’asciutto pessimismo di fondo che attraverserà in maniera più marcata gran parte della successiva produzione del regista. Girato nella prima metà del 1946 con attori non professionisti (tra i quali, oltre alla giovane Maria Michi e all’ancora poco noto Carlo Pisacane, figura come comparsa anche un’esordiente Giulietta Masina), nello stesso anno fu presentato al festival di Venezia e in seguito ricevette una candidatura all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale.
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Summary
id.; di ROBERTO ROSSELLINI; con WILLIAM TUBBS, HARRIET WHITE, GAR MOORE, CARMELA SAZIO, DOTS M. JOHNSON, GIULIETTA MASINA, GIULIO PANICALI, CARLO PISACANE, HAROLD WAGNER, MARIA MICHI; drammatico; Italia, 1946; B/N; durata: 126’; |
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