Grave lutto nel mondo del cinema, che ha infatti recentemente subito la perdita di un’autentica leggenda dello schermo, ovvero la grande Jeanne Moreau: attrice francese tra le più apprezzate e versatili degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, con le sue intense e trascinanti interpretazioni di personaggi spesso carichi di ambiguità e contraddizioni (mostrando una particolare predisposizione per i ruoli da femme fatale) fu vivida incarnazione della spinta innovatrice della Nouvelle Vague e grande protagonista del cinema d’autore, ricevendo numerosi premi e divenendo una delle muse di Louis Malle e François Truffaut; donna intelligente, sensuale ed anticonformista (nella scena come anche nella vita), nel corso della sua lunga e sfolgorante carriera (la sua filmografia comprende infatti più di 130 pellicole) divenne un’icona internazionale facendo di tale immagine di diva non convenzionale una delle più celebri espressioni cinematografiche di una Parigi in bianco e nero che, spesso avvolta nella notte, abbracciata dalla pioggia e accarezzata dalle note del jazz, entrò nell’immaginario collettivo anche come suggestivo scenario di profondi cambiamenti socioculturali.
Nata a Parigi nel 1928, dopo l’infanzia trascorsa a Vichy tornò a nella capitale dove, a insaputa dei genitori, seguì i corsi di arte drammatica di Dennis d’Ines per poi iscriversi al Conservatorio di Parigi, debuttando a teatro nel 1947 recitando nella compagnia del Théâtre National Populaire di Jean Vilar al Festival di Avignone. Ben presto ai piccoli ruoli seguirono quelli più significativi: nel 1950, a soli vent’anni, entrò alla Comédie-Française ed esordì infatti come protagonista nello spettacolo Les Caves du Vatican di André Gide (ottenendo così la copertina di Paris Match), recitando poi in Le Cid di Pierre Cornelle a fianco di Gérard Philipe. Nello stesso periodo, mentre recitava in Otello, conobbe Orson Welles (impegnato in quel periodo a preparare l’adattamento cinematografico dell’opera), di cui divenne amica e in seguito collaboratrice, dividendo con lui il set.
Parallelamente al successo teatrale arrivarono anche i primi ruoli al cinema: nel 1949 debuttò sul grande schermo in Dernier Amour di Jean Stelli, mettendosi poi in luce come comprimaria in film come Grisbì di Jacques Becker, finché nel 1954 conquistò il suo primo ruolo da protagonista in La Regina Margot di Jean Dréville. Due anni più tardi, mentre recitava a teatro ne La Gatta sul Tetto che Scotta venne notata dal regista Louis Malle, che le propose il ruolo di protagonista femminile nel suo sfolgorante esordio Ascensore per il Patibolo, bellissimo noir del 1957 con il quale l’attrice salì alla ribalta internazionale riuscendo ad esprimere appieno le sue doti di attrice drammatica. L’anno successivo fu diretta di nuovo da Malle nel controverso dramma sentimentale Gli Amanti, mentre in seguito, dopo una breve apparizione nel capolavoro I Quattrocento Colpi di François Truffaut (cameo che preluse alla futura collaborazione con il regista) recitò in Relazioni Pericolose di Roger Vadim (tratto dal romanzo di Laclos); anche quest’ultimo fu uno dei titoli che contribuirono a restituire su schermo la sua immagine di donna fuori dagli schemi, qualità che la resero peraltro perfetta per interpretare nel 1962 la misteriosa Catherine, indimenticabile protagonista del bellissimo Jules e Jim di Truffaut, una tra le pellicole fondamentali e più rappresentative della sua carriera; la canzone da lei eseguita nel film, intitolata Le Tourbillon, ebbe inoltre un buon successo e mise in risalto anche le sue evidenti doti di interprete musicale, tanto che successivamente l’attrice incise in pochi anni alcuni album.
Nel corso degli Sessanta partecipò anche ad alcuni film di produzione hollywoodiana, tra cui spiccano Jovanka e le altre di Martin Ritt, I Vincitori di Carl Foreman, Il Treno di John Frankenheimer, Eva di Joseph Losey e soprattutto Moderato Cantabile di Peter Brooks (per il quale ricevette il premio per la miglior interpretazione femminile al Festival di Cannes); nello stesso periodo recitò inoltre tre volte per l’amico Orson Welles (nei film Il Processo, Falstaff e Storia Immortale) e due per Tony Richardson, con il quale ebbe una relazione (per lei il regista lasciò infatti l’allora moglie Vanessa Redgrave) e che nel frattempo la diresse in E il Diavolo ha Riso e Il Marinaio del Gibilterra. In quegli anni tornò anche a lavorare con Malle (altro regista a cui fu sentimentalmente legata), prima in Fuoco Fatuo e poi nel western musicale Viva Maria, al fianco di Brigitte Bardot (film per il quale ottenne un BAFTA come miglior attrice straniera). In quegli anni la Moreau divenne inoltre uno dei simboli della Nouvelle Vague, come testimoniano le sue interpretazioni in film come La Donna è Donna di Jean-Luc Godard e La Grande Peccatrice di Jacques Demy; all’epoca recitò anche per Jean-Louis Richard, che fu il suo primo marito: nonostante il loro matrimonio (celebrato nel 1949 e da cui nacque il figlio Jerome) si fosse da tempo concluso, a distanza di oltre un decennio dal divorzio (avvenuto nel 1951) il regista diresse infatti comunque l’ex moglie in ben due occasioni, prima nel 1964 in Mata Hari, Agente Segreto H 21 (co-sceneggiato da Truffaut) e poi nel 1969 in Il Corpo di Diana. Nel frattempo aveva iniziato anche a partecipare ad altri lavori di celebri ed importanti registi internazionali, recitando tra gli altri in film come La Notte di Michelangelo Antonioni (in cui divise lo schermo con Marcello Mastroianni e Monica Vitti) e Il Diario di una Cameriera di Luis Bunuel.
Dopo aver ritrovato Truffaut per il notevole La Sposa in Nero, durante gli Anni Settanta continuò naturalmente a lavorare anche in Francia, recitando per registi come Jean Renoir (che la diresse nel suo ultimo lavoro Il Teatrino, costituito da 4 episodi trasmessi in televisione) e Marguerite Duras (che divenne sua grande amica e per la quale recitò nel drammatico Nathalie Granger); in quel periodo, incoraggiata da Orson Welles, la Moreau esordì inoltre come regista con il film Lumiére (uscito nel 1976), esperienza che ripeté tre anni più tardi con L’Adolescente e poi una terza volta nel 1983, quando realizzò il documentario Lillian Gish, sulla vita della musa di David Wark Griffith. Nel frattempo continuò inoltre a lavorare anche con noti e stimati registi statunitensi come Elia Kazan (che la diresse ne Gli Ultimi Fuochi), e di nuovo Joseph Losey, per il quale tornò a recitare prima in Mr. Klein con Alain Delon (presentato al festival di Cannes) e poi in La Truite (quest’ultimo girato in francese, in cui l’attrice divise invece la scena con Isabelle Huppert). Nel 1977 sposò inoltre il regista premio Oscar William Friedkin, da cui però divorziò solo due anni più tardi. A partire dagli anni Ottanta, proprio quando era ormai tornata a dedicarsi al teatro (pur con minore frequenza ma ottenendo comunque sempre grandi trionfi), fu riscoperta da una nuova generazione di registi che le dedicarono sentiti omaggi affidandole ruoli brevi o minore eppure assai significativi: infatti, nel 1982 il grande autore tedesco Rainer Werner Fassbinder la volle nel suo ultimo film Querelle de Brest, mentre nel 1990 l’attrice lasciò il segno nella parte della maestra di seduzione femminile della sgraziata spia in addestramento Nikita nell’omonimo film del compatriota Luc Besson; nello stesso periodo recitò inoltre per il grande autore greco Theo Angelopoulos (che la diresse ne Il Passo Sospeso della Cicogna), ma anche per la regista belga Agnes Varda (che le ritagliò una piccola parte in Cento e una Notte) e due volte per il tedesco Wim Wenders (il quale la diresse prima in Fino alla Fine del Mondo e poi in Al di Là delle Nuvole, in cui l’attrice ritrovò anche Antonioni, che di quest’ultima pellicola era infatti co-regista). All’inizio degli anni Novanta vinse in patria un premio César come migliore attrice per il suo ruolo in La Vieille qui Marchait dans la Mer di Laurent Heynemann, mentre nel 1992 la sua inconfondibile voce roca, profonda e sempre conturbante fu quella della narratrice nel celebre L’Amante di Jean-Jacques Annaud; nello stesso anno ricevette inoltre il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia. All’inizio degli anni 2000 lavorò poi prima anche con un altro italiano, partecipando infatti a Il Manoscritto del Principe di Roberto Andò, mentre in patria recitò anche in televisione, distinguendosi in particolare in numerosi lavori diretti dall’amica regista Josée Dayan: quest’ultima la diresse infatti in diverse produzioni tra cui, oltre alle miniserie I Miserabili e La Maledizione dei Templari (trasmesse rispettivamente nel 2000 e nel 2005), spicca inoltre il Film TV Cet Amour-là, in cui l’attrice interpretò il ruolo di un’altra amica illustre, ovvero la succitata scrittrice, drammaturga e regista Marguerite Duras. Nel frattempo ottenne altri importanti riconoscimenti alla carriera, tra cui un European Film Award, un premio a Berlino, un altro a Cannes (dove in precedenza era già stata due volte presidentessa della giuria) e ben due César onorari; nel 1998 l’Academy statunitense le dedicò inoltre un omaggio presentato da Sharon Stone, mentre nel 2000, a 72 anni, esordì come regista di teatro, portando in scena Un Trait d’Esprit, tratto da un testo della drammaturga statunitense Margaret Edson; l’anno seguente ripeté l’esperienza dirigendo l’Attila di Giuseppe Verdi insieme alla succitata amica Dayan.
Tra i suoi lavori cinematografici più recenti spiccano invece una seconda collaborazione con Angelopolous (per il quale recitò infatti nuovamente in un segmento del film collettivo A Ciascuno il suo Cinema) e una partecipazione a Gebo e l’Ombra, ultimo film del grande autore portoghese Manoel De Oliveira. Jeanne Moreau è morta nella sua storica casa di Parigi il 31 luglio, all’età di 89 anni.