Biutiful

Barcellona. Uxbal (Javier Bardem, nomination all’Oscar) deve occuparsi dei suoi due amatissimi figli senza poter contare sulla moglie (Maricel Alvarez), donna mentalmente instabile con la quale ha un rapporto conflittuale anche dopo la separazione. Al suo lavoro di padre, l’uomo deve alternare la sua professione che ogni giorno lo porta a contatto con la manodopera clandestina di immigrati cinesi. Ma i suoi problemi si amplificano quando scopre di avere un cancro inoperabile: da quel momento, Uxbal comincia a preoccuparsi di garantire un futuro sicuro ai figli.

Dopo la nomination all’Oscar come miglior regista per “Babel” (di produzione americana come anche il precedente “21 Grammi”), il messicano Inarritu torna a concorrere per la statuetta tornando a girare in spagnolo (la nomination è infatti per il miglior film straniero), abbandonando il suo sceneggiatore Guillermo Arriaga e quindi anche la sua finora prediletta struttura narrativa “ad incastro”. Alle prese con un’altra storia di dolore e sofferenza (anche se questa volta d’impianto appunto lineare), Inarritu sceglie come ambientazione una Barcellona livida e cupa come non mai per raccontare lo straziante e inesorabile viaggio del protagonista verso la morte. La vicenda è all’insegna di quel pessimismo pur aperto alla speranza che permeava anche i suoi film precedenti, ma in questo caso l’approccio risulta un po’ meno efficace: lucido nello stile come anche nell’esposizione, a tratti questo disperato racconto di tragedie e fatalità rischia infatti di scadere nel compiacimento illustrativo, restituendo un coinvolgimento piuttosto disomogeneo. In tutto questo, resta comunque evidente la sapiente e personale padronanza registica di Inarritu, coadiuvato dal prezioso contributo del direttore della fotografia Rodrigo Prieto. Da applauso la grande ed intensa performance del protagonista Javier Bardem, anch’esso candidato all’Oscar e premiato come miglior attore al festival di Cannes (ex-aequo con Elio Germano).