Coco

Coco

- in Film 2017, Recensioni
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Aspirante cantante e chitarrista autodidatta, il piccolo Miguel sogna di seguire le orme del suo idolo Ernesto de la Cruz, il più famoso musicista nella storia del Messico. A seguito di una misteriosa serie di eventi, Miguel si ritrova però nella sorprendentemente coloratissima Terra dei Morti. Lungo il percorso, si imbatte nel burbero ma astuto scheletro Hector, con il quale intraprenderà uno straordinario viaggio alla scoperta della storia segreta della sua famiglia.

Due anni dopo Inside Out, la Pixar trova finalmente spazio nella sua produzione ultimamente affollata di sequel per una nuova storia originale con questo diciannovesimo lungometraggio che è anche il quinto diretto dal veterano Lee Unkrich, il quale, a sette anni dall’Oscar per Toy Story 3, torna al timone di un progetto da lui molto sostenuto, affiancato questa volta da Adrian Molina, già story artist di lungo corso e qui per la prima volta promosso a co-regista. Co-sceneggiato proprio da quest’ultimo, Coco (premiato agli Oscar per miglior film d’animazione) è incentrato sulla tradizione messicana conosciuta come “Día de Muertos”, festività dedicata ai defunti precedentemente mostrata al cinema non solo nel piano-sequenza iniziale di Spectre (ventiquattresimo episodio della saga di James Bond) ma anche in forma animata nel sottovalutato Il Libro della Vita, co-prodotto da Guillermo del Toro (uscito nel 2014 e anch’esso incentrato sulla medesima ricorrenza); inizialmente ciò espose il film a preventive accuse di plagio che potevano minarne il successo anche perché accompagnate da altre controversie prima per il presunto utilizzo della festività con fini di merchandising (che causò inizialmente una certa diffidenza da parte delle comunità latine) e poi per la decisione di distribuirlo preceduto da un non attinente nonché prolisso cortometraggio d’espansione di Frozen (strategia di marketing discutibile e male accolta). Eppure, tutto ciò non ha fortunatamente precluso a questo delizioso cartoon di ottenere ovunque ottimi riscontri di pubblico e critica, diventando anzi non a caso uno dei più grandi successi di sempre proprio in Messico: anche questo a riprova di come la succitata tradizione che fa da motore alla trama sia invece qui celebrata in maniera tanto originale quanto autentica. Nell’attingere infatti dal folklore messicano partendo da tale specifica ricorrenza, Coco affronta appunto il tema della morte con ironia e leggerezza trascinando lo spettatore in un Oltretomba di grande e melodiosa energia, visivamente abbagliante nei suoi colori sgargianti quanto davvero ricchissimo nella sua immaginifica stravaganza: animato da personaggi riusciti, zeppo di trovate azzeccate e forte di quella tecnica notevole che da sempre contraddistingue le produzioni Pixar, l’Aldilà qui raccontato è infatti rappresentato con un’estetica avvolgente che pare porsi tra La Città Incantata di Miyazaki e La Sposa Cadavere di Burton, sostituendo però le suggestioni nipponiche del primo con quelle messicane e affievolendo il tocco gotico del secondo in favore di una più imperante esuberanza slapstick. Così, paradossalmente, è proprio tra i morti che il film si anima e davvero decolla, seguendo il piccolo protagonista in una coinvolgente Odissea che diventa un coming-of-age le cui tappe portano ad una maturazione che coincide con la presa di coscienza dei contrasti e delle correlazioni tra l’importanza degli affetti, le difficoltà nel perseguimento delle aspirazioni e la sempiterna potenza dei ricordi: perché se le persone muoiono davvero solo quando vengono dimenticate, ad abbattere le barriere tra esistenza ed assoluto può essere proprio quella memoria che, per riuscire a mantenere vivo il legame tra tradizione privata e collettiva, va preservata o rievocata magari anche con la passione scaturita finanche da uno strimpellare di chitarra. Non a caso la musica, da sempre universalmente capace di rievocare dolci o amare reminiscenze, si fa componente cruciale di questo trascinante e vivacissimo viaggio animato che, cadenzato infatti dalla colonna sonora di Michael Giacchino e dalle canzoni di Robert Lopez e Kristen Anderson-Lopez (anch’essi premiati con l’Oscar per la trascinante “Remember Me”), lungo il percorso estende inoltre il tema portante della morte ad un tessuto tematico assai variegato quanto armonioso: dall’incisività dei legami familiari al conflitto tra gli stessi e le proprie ambizioni di vita, dai contrasti tra luci ed ombre del successo finanche a qualche cenno più adulto all’attualità della politica che costruisce muri invece di abbatterli, i molteplici risvolti contenutistici sono infatti espressi con tatto e sapienza come anche l’immancabile e commovente morale pedagogica, ottimista e positiva eppure non buonista come nella migliore tradizione Pixar. Infatti, in tutto ciò, pur non raggiungendo magari le vette di alcuni precedenti capolavori dell’ormai forse impareggiabile studio d’animazione, il livello resta comunque quindi assai alto sia sul piano dell’infallibile tecnica che su quello della sostanza, confermando nuovamente l’abilità di coniugare inesauribile originalità, contagiosa energia e garbata sensibilità per riuscire così a divertire, commuovere e coinvolgere spettatori di ogni età perfino trattando il delicato tema della morte, da celebrare ed ossequiare magari appunto non soltanto con malinconica tristezza.

Coco
Coco
Summary
id.; di di Lee Unkrich, Adrian Molina; con le voci originali di Anthony Gonzalez, Gael García Bernal, Benjamin Bratt, Alanna Ubach, Renee Victor; animazione; USA, 2017; durata: 109'.
70 %
Voto al film
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