In occasione del centenario della sua nascita, ripercorriamo la vita e la carriera di Ida Lupino, attrice e regista cinematografica e televisiva inglese attiva anche negli Stati Uniti. Considerata una delle prime donne in grado di imporsi come regista nell’ambiente prevalentemente maschile e assai poco inclusivo di Hollywood (in quegli anni ancora più repressivo), pur non riuscendo forse anche per questo a raggiungere lo status di diva ottenne comunque ottimi riscontri sia come interprete che come filmmaker, affrontando con i suoi film temi per l’epoca controversi che fu capace di esprimere con coraggio ed efficacia; accostata perciò in varie occasioni a Lois Weber (altra pioniera di emancipazione femminile nel cinema ai tempi del muto), nel corso delle sua carriera cinematografica e televisiva diresse ed interpretò opere che, spesso non a caso animate da donne forti o problematiche, furono in seguito riesaminate in questo senso anche nell’ambito degli studi sul femminismo, influenzando inoltre diverse altre autrici che lasciarono il segno nelle generazioni successive.
Nata a Londra in una storica famiglia di spettacolo di antiche origini italiane (discendente dal bolognese Giorgio Luppino, rifugiatosi a Plymouth per motivi politici), incoraggiata dal padre Stanley (già affermato interprete di commedie) continuò la tradizione di famiglia frequentato dapprima la Royal Academy of Dramatic Arts di Londra e poi esordendo giovanissima in teatro e nel cinema: il debutto sul grande schermo avviene infatti a soli quattordici anni quasi casualmente quando, accompagnando la madre (l’attrice Connie Emerald) ad un provino per il film L’Altalena dell’Amore di Allan Dwan, fu scritturata al suo posto per interpretare un ruolo secondario ma apprezzato, tanto che le permise di partecipare durante l’anno successivo a ben altre cinque pellicole. Sebbene in tali lavori, anche a causa del fisico minuto e dei tratti somatici delicati, fosse ancora confinata in ruoli di donne fragili ed ingenue, le sue interpretazioni non passarono comunque inosservate, tanto da portarla ad ottenere un contratto con la Paramount; nel 1934 si trasferì quindi a Hollywood, dove invece iniziò a cimentarsi nei ruoli più diversi, diretta da alcuni dei maggiori registi dell’epoca: tra le sue partecipazioni di quel periodo, oltre a quelle di supporto nel melodramma fantasy Sogni di Prigioniero di Henry Hathaway, nel più brillante Notti Messicane di Rouben Mamoulian e nel drammatico La Luce che si Spense di William A. Wellman, figurano infatti inoltre anche le successive da co-protagonista nel musical Anything Goes di Lewis Milestone (in cui condivise lo schermo con Bing Crosby) e nella commedia Artist and Models di Raoul Walsh. Per quest’ultimo tornò a recitare anche dopo il passaggio alla Warner Bros. in due film nei quali affiancò Humphrey Bogart, ovvero il noir Strada Maestra e il più celebre gangster movie introspettivo Una Pallottola per Roy in cui, non sfigurando affatto accanto all’ormai consacrato co-protagonista, si fece notare vestendo con efficacia i panni una ballerina in fuga con un rapinatore; non a caso, tale performance le aprì infatti la strada per altri ruoli di donne forti ma sventurate dal destino o dalla personalità contrastate: se ne Il Lupo dei Mari di Michael Curtiz è una donna fuggita dal carcere che si nasconde su un piroscafo da clandestina, in Fuori dalla Nebbia di Anatole Litvak interpreta invece la figlia di un pescatore che sogna una vita migliore, mentre in Tenebre di Charles Vidor è una governante che tenta di prendersi cura delle sue due sorelle emotivamente disturbate.
Nello stesso periodo, oltre a figurare tra i membri del nutrito cast di Ho Baciato una Stella di Delmer Daves, si fece notare anche in The Hard Way di Vincent Sherman, ricevendo diversi elogi e aggiudicandosi il New York Critics Circle Award come miglior attrice per la sua notevole performance di una donna ambiziosa che spinge la sorella a coltivare il suo talento canoro sperando che ciò possa rappresentare per entrambe una via di fuga da un’esistenza altrimenti mediocre. In seguito, dopo aver vestito i panni della scrittrice Emily Bronte in Appassionatamente (accanto ad Olivia de Havilland nel ruolo della sorella Charlotte), continuò inoltre la sua collaborazione con Walsh con Io Amo (nel ruolo di una cantante di nightclub che tenta di risolvere i problemi della sua famiglia), recitando poi anche per Jean Negulesco nel dramma Disperato Amore, che fu l’ultimo da lei interpretato per la Warner. Infatti, in quegli anni non correva buon sangue tra la Lupino e il capo dello studio Jack Warner, spesso infatti in disaccordo con alcune scelte dell’attrice come ad esempio rifiutare ruoli che lei reputava offensivi per la sua dignità, atteggiamento che portò per alcuni periodi ad una sospensione della sua attività; successivamente si tentò una rappacificazione, ma i rapporti con il produttore erano ormai compromessi e nel 1947, quando il contratto non le fu rinnovato, l’attrice lasciò lo studio. Durante i periodi di sospensione, l’attrice, ormai pienamente consapevole della difficoltà di trovare personaggi all’altezza delle sue doti, colse l’occasione per proporsi come produttrice indipendente e dedicarsi anche alla regia. Insieme al secondo marito Collier Young (che aveva sposato da poco, a tre anni dal suo primo divorzio con l’attore Louis Hayward) fondò quindi la società The Filmakers per realizzare film a basso costo con cui trattare argomenti delicati e scritturare giovani attori di talento. Diventata cittadina americana nel 1948, la sua prima occasione di cimentarsi con la regia arrivò l’anno successivo con Non Abbandonarmi, da lei stessa anche co-sceneggiato insieme a a Paul Barrico: quando il regista del film Elmer Clifton si ammalò durante le riprese, a subentrargli per completare l’opera fu infatti proprio la Lupino, che però non venne accreditata per il suo lavoro dietro la macchina da presa. Accantonata quindi temporaneamente l’attività di interprete, si dedicò allora alla scrittura, sceneggiando film spesso contraddistinti da personaggi principali femminili alle prese con contesti o situazioni difficili affrontando come suddetto quei temi per l’epoca assai controversi (come maternità indesiderate, tradimenti, malattie e abusi) che contraddistinsero anche le opere da lei dirette: a segnare il suo debutto ufficiale alla regia, sempre nel 1949, fu infatti Never Fear, racconto di una ballerina affetta da poliomielite, a cui seguì l’anno successivo La Preda della Belva, dramma sociale in cui mise invece in scena il trauma di una violenza carnale, mentre nel 1951 diresse invece Hard, Fast and Beautiful, imperniato sul difficile rapporto tra una madre e la figlia campionessa di tennis. Nello stesso anno divorziò da Young (con il quale però continuò a collaborare) per sposare l’attore Howard Duff, suo terzo e ultimo marito da cui ebbe una figlia e dal quale divorziò nel 1983. Nel 1953 diresse invece per la prima volta un cast prevalentemente maschile ne La Belva dell’Autostrada, in cui due uomini d’affari in viaggio danno un passaggio ad un autostoppista che si rivela un criminale psicopatico: considerato uno dei suoi migliori e più noti lavori dietro la macchina da presa, questo thriller teso e coinvolgente fece inoltre della Lupino la prima donna a cimentarsi come regista in un film di tal genere; dello stesso anno è anche il melodramma La Grande Nebbia, che rimane l’unico caso in cui diresse se stessa, interpretandovi anche un ruolo: nella pellicola (co-prodotta insieme a Young, che nel frattempo si era risposato proprio con la co-protagonista del film Joan Fontaine) la regista ed attrice torna a mettere in discussione il ruolo passivo della donna nell’ambiente hollywoodiano affrontando al tempo stesso il delicato tema dell’adozione.
Nonostante la regia fosse diventata la sua passione, per poter continuare a finanziare le sue produzioni indipendenti l’attrice tornò nel frattempo anche a recitare. Così, dopo essere stata diretta nuovamente da Negulesco in I Quattro Rivali (questa volta con la 20th Century Fox) ed aver interpretato una donna cieca innamorata di un poliziotto in Neve Rossa di Nicholas Ray, nel 1954 apparve quindi in Dollari che Scottano di Don Siegel, e successivamente ne Il Grande Coltello di Robert Aldrich e in Quando la Città Dorme di Fritz Lang. Sebbene la società The Filmakers (che aveva nel frattempo realizzato una dozzina di produzioni) avesse chiuso i battenti nel 1955, undici anni dopo la Lupino tornò comunque a dirigere con Guai con gli Angeli, film interpretato da Rosalind Russell e incentrato sulla vita di alcune giovani in un collegio cattolico femminile, che segnò la sua ultima esperienza come regista in ambito cinematografico: infatti, pur concedendosi qualche altra partecipazione a pellicole come L’Ultimo Buscadero di Sam Peckinpah, da allora lavorò quasi esclusivamente per la televisione, sia davanti che dietro la macchina da presa. Dopo aver interpretato, accanto al marito Duff, il ruolo di protagonista nella serie autobiografica Mr. Adams and Eve, dagli anni Settanta e per tutto il decennio successivo si impegnò nella regia di diversi episodi di serial di successo come Vita da Strega, Ai Confini della Realtà, Gli Intoccabili, Alfred Hitchcock Presenta e Il Fuggiasco. Nello stesso periodo partecipò come guest star a diverse altre celebri serie TV come Bonanza, Colombo, Le Strade di San Francisco e Charlie’s Angels, finché nel 1978 (due anni dopo la sua ultima interpretazione cinematografica nel film Il Cibo degli Dei di Bert I. Gordon) si ritirò definitivamente dall’attività artistica. Quasi vent’anni dopo, nel 1995, morì a 77 anni nella sua abitazione di Burbank mentre si stava sottoponendo a dei trattamenti per curare un cancro.