1901. Il giovanissimo siciliano Vito Andolini, in seguito allo sterminio della sua famiglia in patria da parte di un importante boss mafioso, raggiunge gli Stati Uniti, dove, per un disguido all’anagrafe, prende il nome di Vito Corleone. Cresciuto, Vito (Robert De Niro), inizia la scalata nella malavita fino a diventare un potente e temuto signore del crimine. Nel 1958, suo figlio Michael (Al Pacino) attraversa invece un periodo di serie difficoltà, diviso tra i conflitti familiari e la gestione dell’impero ereditato dal padre.
Reduce dal successo ottenuto due anni prima con Il Padrino (vincitore di 3 Oscar, tra cui miglior film), per questo secondo capitolo della saga nata dalla penna di Mario Puzo il maestro Coppola prende le distanze dai canoni del sequel, adottando invece una struttura decisamente non convenzionale attraverso la quale integra, arricchisce e insieme fa proseguire la vicenda. Infatti, il memorabile palinsesto centrale del celebre trittico sui Corleone può definirsi in realtà al tempo stesso un prequel e un sequel, con due linee narrative che si evocano ed incorporano procedendo su due binari narrativi paralleli per raccontare l’antefatto e, in contemporanea, il seguito della storia attraverso continui e complementari salti temporali che vanno dai primi del secolo fino agli Anni Sessanta: nella prima si rievocano l’infanzia e l’ascesa al potere del giovane Vito, interpretato questa volta da Robert De Niro (che riprendendo il ruolo che fu di Marlon Brando fu anch’esso premiato dall’Academy), mentre nella seconda si continuano a seguire le vicende di Michael, ormai da anni alla guida di quell’impero che continuerà ad espandersi fino al declino raccontato nel terzo e conclusivo film della saga (datato invece 1990 e sempre alquanto solido anche se non ugualmente memorabile). Conferendo così alla vicenda un respiro più ampio ed innalzando quindi il già vivido affresco a potente metafora sull’America delle origini e su quella più contemporanea, è un altro memorabile gangster-movie che (specialmente nella dimensione progressivamente angosciosa della storyline dedicata al percorso di Michael) si ammanta di archetipi da dramma classico assumendo i toni di un’odierna e aggiornata tragedia greca, mentre i pregnanti spunti tematici e i molteplici sottotesti conferiscono di nuovo all’opera svariate e sfaccettate chiavi di lettura, rilanciandone così le implicazioni psicologiche, storiche e sociali (specie nell’ulteriore evoluzione in equivalenza del parallelismo tra mafia e politica). Eccezionale coppia d’assi nella variegata e formidabile compagnia di attori: da una parte il grande Pacino (il quale, sempre straordinario, riprende il ruolo del capitolo precedente con uguale e forse maggiore efficacia) e dall’altra un eccellente Robert De Niro che, nel raccogliere appunto mirabilmente la difficile eredità di Brando, offre qui una delle sue migliori interpretazioni (recitando gran parte del suo ruolo in italiano). Bissando il successo del precedente, anche questo capitolo trionfò agli Oscar, ottenendo (su un totale di 12 candidature) ben 6 statuette: miglior film, regia, De Niro (attore non protagonista), sceneggiatura non originale (scritta dal regista ancora insieme a Puzo), scenografie e colonna musicale (firmata da Nino Rota con la collaborazione di Carmine Coppola, padre del regista); oltre ai costumi, vennero inoltre candidati anche altri quattro attori: ovviamente Pacino (a cui l’Academy preferì discutibilmente l’Art Carney di Harry e Tonto), ma anche Michael V. Gazzo, Talia Shire e il grande Lee Strasberg.
Il Padrino - Parte II | |
Il Padrino - Parte II | |
Summary
“The Godfather - Part II”; di FRANCIS FORD COPPOLA; con AL PACINO, ROBERT DE NIRO, JOHN CAZALE, ROBERT DUVALL, DIANE KEATON, LEE STRASBERG, MICHAEL V. GAZZO, TALIA SHIRE, JAMES CAAN; drammatico; USA, 1974; durata: 200’. |
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