Il Centro di Controllo della mente di Riley, una ragazzina di undici anni, è localizzato nel Quartier Generale, dove cinque Emozioni sono al lavoro, guidate dalla simpatica e ottimista Gioia (doppiata da Amy Poehler nella versione originale), la cui missione è garantire la felicità di Riley: Paura garantisce alla ragazza la sicurezza necessaria, Rabbia assicura il senso di equità e giustizia, mentre Disgusto impedisce a Riley di avvelenarsi sia fisicamente che socialmente; Tristezza invece non sa bene quale sia il suo ruolo, ma del resto non è chiaro neanche agli altri. Quando Riley è costretta a trasferirsi con la sua famiglia in una nuova città, le Emozioni dentro di lei si mettono subito al lavoro, desiderose di guidarla attraverso la difficile transizione. Tuttavia, quando Gioia e Tristezza finiscono inavvertitamente in un angolo remoto della sua mente, portando con sé alcuni dei suoi ricordi più intensi, Paura, Rabbia e Disgusto si trovano a dover prendere il controllo, mentre le prime si avventurano in luoghi sconosciuti nel disperato tentativo di tornare al Quartier Generale per cercare di salvare la situazione emotiva di Riley.
Dopo una parentesi non proprio esaltante (l’ultimo titolo davvero degno di nota risale al 2010 con il terzo, imperdibile capitolo della saga di Toy Story), la Pixar torna finalmente ai livelli d’eccellenza dei precedenti Wall-E e Up con quest’ultimo gioiellino d’animazione presentato fuori concorso (con grande successo) all’ultimo festival di Cannes e giustamente premiato agli Oscar come miglior film d’animazione. Per l’occasione, il fondatore John Lasseter si concentra sulla produzione, affidando di nuovo la regia al fidato Pete Docter, il quale (anche co-sceneggiatore) ha concepito la trama traendo ispirazione dalla propria esperienza personale, ovvero osservando i tumulti umorali che caratterizzarono il passaggio tra infanzia ad adolescenza della figlia. Ne è uscito un coloratissimo piccolo-grande capolavoro dalla morale edificante ma non buonista che, risultando godibilissimo a livello di intrattenimento eppure dimostrando al tempo stesso una più profonda e stratificata complessità, si rivela capace di avvincere, sorprendere ed emozionare spettatori di tutte le età con grande sapienza, impeccabile tecnica e travolgente originalità. Raccogliendo con successo l’audace quanto coraggiosa sfida di ambientare la vicenda quasi totalmente nella mente di una ragazzina alle prese con le prime turbe adolescenziali (anche se, particolare inedito per un prodotto di questo genere, non mancano alcuni azzeccati ed irresistibili riferimenti anche alle apprensioni della controparte genitoriale), la collaudata squadra mette infatti in immagini un percorso di crescita in forma di viaggio nell’inconscio, concepito e sviluppato come una sorta di personalissima reinvenzione ribaltata dell’allusiva incursione nel Paese delle Meraviglie: guardando ad alcuni sempreverdi meccanismi narrativi ed iconografici di astrazione e capacità immaginifica che da Lewis Carroll discendono fino alla stessa Disney ma anche al cinema di genere hollywoodiano, punta su un’esemplare narrazione a due livelli in cui la dimensione realistica e quella fantastica si alternano e si compenetrano con grande inventiva e sorprendente disinvoltura, traducendo alcune primarie nozioni e teorie psicanalitiche in un autonomo universo fantastico nel quale il subconscio diviene concreto, gli stati d’animo prendono forma e le emozioni diventano personaggi. Infatti, i protagonisti di questa fiaba per tutte le età sono proprio Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto, qui personificati con forme e colori conformi alla caratterizzazione che ognuno di essi esprime ed incarna, che dal Quartier Generale localizzato nella testolina dell’inquieta undicenne Riley svolgono la missione di “teleguidarla” nella vita di tutti i giorni, barcamenandosi a turno per modulare al meglio i suoi umori e le sue sensazioni. Quando però un evento inaspettato (che coincide con il passaggio dall’infanzia alla pubertà) stravolge la vita e scombussola l’equilibrio della ragazzina, la sua impreparazione ad affrontare la nuova situazione corrisponde a quella che dovranno affrontare le Emozioni nel gestire le inedite reazioni che ne conseguono. Così, nel tentativo di sistemare la situazione emotiva di Riley, Gioia e Tristezza si trovano costrette ad avventurarsi in una sorprendente avventura nello spazio sconfinato e mutevole della sua psiche, resa come immaginifica ambientazione dalla struttura mutevole ed imprevedibile attraverso una felice ed inesauribile ricchezza di trovate sostenuta da una straordinaria espressività nella tecnica del linguaggio animato: seguendo a sua volta il percorso del treno dei pensieri che potrebbe condurre le due disperse Emozioni impegnate a riportare a destinazione le biglie colorate dei ricordi, lo spettatore è quindi catapultato in un itinerario in cui l’astratto assume le più fantasiose forme concrete, passando dalla caverna dell’inconscio all’abisso dell’oblio, dal pittoresco luna park dell’immaginazione al pericoloso tunnel dell’astrazione che guarda allo stile pittorico surrealista, dalle isole della personalità che crollano ad ogni terremoto emotivo fino ad un’irresistibile versione parodistica di Hollywood come vera e propria “fabbrica dei sogni”, qui girati come film da una troupe specializzata per essere proiettati durante le ore di sonno. A guidarle come un novello Virgilio in questo viaggio nei meandri del subconscio sarà il gioioso amico immaginario di Riley chiamato Bing-Bong, creatura dai tratti ovviamente fantasiosi il cui itinerario sintetizza una pars destruens difficile ma necessaria per arrivare ad una nuova costruens attraverso un’inevitabile rivoluzione esistenziale: lasciandosi alle spalle la tenera età per entrare nella fase pre-adolescenziale, Riley deve lasciar demolire le vecchie “isole” di ricordi per poterne costruirne di nuove e più conformi ad un maturato approccio alla vita. Perché attraverso questo doppio itinerario di crescita che, tra mutamenti, difficoltà e rivelazioni, ricalca il delicato passaggio dal candore del periodo infantile (di norma contraddistinto prevalentemente da gioie ed allegria) ad una progressiva e più adulta consapevolezza, Inside Out racconta ed illustra la difficile eppur necessaria presa di coscienza delle infinite sfumature emotive dell’esistenza umana, scandita infatti da una continua concomitanza di sensazioni differenti la cui contrastante alternanza è in realtà propedeutica, cadenzando e caratterizzando il corso della nostra vita. Tutto ciò inserito in una cornice pregevolissima per tenuta tecnica e stilistica in cui (ben sorretta dalle musiche del premio Oscar Michael Giacchino) si snoda una narrazione ammirevolmente armonica che nel modulare con sapienza la sua coerente varietà di toni (alternando felicemente avventurose sequenze dal ritmo incalzante e malinconiche pause riflessive, caustico umorismo ed autentica commozione) trova infine la formula vincente e la sua sintesi ideale nella “ricetta” sempreverde che proprio Walt Disney era solito applicare per la realizzazione suoi lavori, notoriamente riassunta nella mai così calzante massima “Per ogni sorriso, una lacrima”.
Inside Out | |
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Summary
id.; di Pete Docter; con le voci di Amy Poehler, Phyllis Smith, Bill Hader, Lewis Black, Mindy Kaling, Kaitlyn Dias, Diane Lane, Kyle McLachlan; animazione; USA, 2015; durata: 94’. |
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