Alvy Singer (Woody Allen), aspirante attore ebreo di New York perennemente in analisi, racconta il suo amore ricambiato per la bella Annie Hall (Diane Keaton), pittoresca quanto adorabile ragazza di buona famiglia con la quale intraprende una relazione sentimentale che però procederà in maniera travagliata anche a causa delle molteplici nevrosi di entrambi.
Tra i lavori certamente più noti e celebrati di Woody Allen, questo suo 7° film in tripla veste di regista, interprete e sceneggiatore (in collaborazione con Marshall Brickman) non è soltanto una delle sue opere più rappresentative, ma anche una tappa di fondamentale rilevanza nel suo itinerario, segnando infatti il raggiungimento della sua piena maturità di autore. Infatti, nel fine umorismo con cui conferma il suo già manifesto genio comico si insinua qui una quasi crepuscolare malinconia che, esaltandolo così ulteriormente, apre inoltre definitivamente alla svolta verso il dramma anticipata dal precedente Amore e Guerra, concretizzatasi nel successivo Interiors e in seguito più volte ritrovata con successo (a partire da Manhattan, altro capolavoro agrodolce per certi versi affine proprio a questo film). Il risultato è un’opera polimorfa e stratificata fondata infatti su un armonioso, vitale e spontaneo connubio tra caldo sentimento, spiritoso cinismo e appunto irresistibile ironia di rara intelligenza (come dimostra anche la miriade di battute da antologia) che la rende inoltre a tutti gli effetti una deliziosa, memorabile ed imperdibile summa dei temi e della filosofia di Allen. Così, integrando una florida ricchezza di contenuti in una scrittura stilistica di grande inventiva (dall’innovativa rottura della “quarta parete” ai pensieri svelati nei sottotitoli, dagli accorti salti temporali all’abile uso dello split-screen finanche agli inediti inserti in animazione), l’autore mette in scena le immancabili insicurezze di un tenero ma problematico rapporto di coppia che nella sua imprevedibile evoluzione diventa una sentita (auto)analisi sull’instabilità e le inadeguatezze di un’esistenza alienante; in ciò, tale partecipe e personalissima riflessione assume inoltre al contempo il valore di non trascurabile testimonianza dei costumi socio-culturali di un’epoca il cui fascino coerentemente incostante è incarnato dall’iconica e memorabile figura di Annie, il cui affettuoso ritratto delineato con sincera partecipazione fa inoltre trasparire la palese componente parzialmente autobiografica dell’opera: non a caso, il titolo originale (peraltro più giustamente coerente con trama ed intenti nell’identificare appunto la succitata protagonista femminile come autentico fulcro e cuore pulsante del film) si rifà al vero cognome (Hall, appunto) di Diane Keaton, al tempo compagna di Allen anche nella vita. Oltre al grande scrittore Truman Capote e al sociologo Marshall McLugan (nel ruolo di se stesso), vi compaiono per pochi istanti anche gli ancora sconosciuti Jeff Goldblum, Sigourney Weaver e Beverly D’Angelo. Divenuto col tempo un cult sempreverde, alla sua uscita fu ben accolto dal pubblico e ottenne il plauso della critica, aggiudicandosi inoltre 4 importanti premi Oscar (nello stesso anno di un successo planetario come Guerre Stellari): miglior film, regia, sceneggiatura originale e naturalmente miglior attrice a Diane Keaton (che vinse anche il Golden Globe).
Io e Annie | |
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Summary
“Annie Hall”; di WOODY ALLEN; con WOODY ALLEN, DIANE KEATON, TONY ROBERTS, CAROL LANE, PAUL SIMON, SHELLEY DUVALL, JANET MARGOLIN, COLLEEN DEWHURST, CHRISTOPHER WALKEN, JONATHAN MUNK; commedia; USA, 1977; durata: 94’; |
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