Il film racconta la storia vera del medico dell’esercito americano Desmond T. Doss (Andrew Garfield), primo obiettore di coscienza insignito della Medaglia d’Onore, il quale, rifiutandosi di impugnare armi, con le sue sole forze riuscì a salvare più di 75 compagni durante la brutale battaglia di Okinawa nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Dopo un periodo burrascoso costellato da noti guai e comportamenti scriteriati che lo allontanarono dalle scene, a dieci anni dal discusso Apocalypto Mel Gibson tenta di riscattarsi (almeno professionalmente) tornando dietro la macchina da presa con un solido war movie collocabile sulla linea che va dall’Howard Hawks de Il Sergente York al Clint Eastwood di Lettere da Iwo Jima. Scritto da Andrew Knight e Robert Schenkkan (che hanno tratto materia anche da un documentario di Terry Benedict), il film è idealmente suddiviso in tre parti: la prima, dedicata alla gioventù e alla storia d’amore con l’amata Dorothy, si concentra inoltre sul rapporto con il padre (approfondito anche in brevi flashback disseminati lungo il racconto) per delineare l’origine delle sue motivazioni ideologiche; la seconda (per certi versi debitrice di Kubrick) descrive invece il duro addestramento, scandito dai contrasti con il sergente istruttore e dalle lotte per far valere tali principi; l’ultima è infine dedicata alla battaglia del titolo, resa da Gibson come una sorte di nuova Passione, ovvero quella di un eroe americano al quale, seguendone il calvario nello scenario infernale di Okinawa, imprime infatti una coerente aura cristologica (con tanto di sacrificio e sudario finale); in ciò, l’attore-regista australiano passa a quell’approccio più energico e muscolare che gli è maggiormente congeniale: coadiuvato dal funzionale montaggio di John Gilbert, dimostra infatti un ritmo e un senso dello spettacolo degni di Braveheart nell’orchestrare le epiche sequenze del combattimento, messo peraltro in scena in tutta la sua selvaggia e cruenta atrocità con grande clangore e brutale efferatezza; a questo proposito, se da una parte tale ricorso alla retorica del trionfalismo (con annessa distinzione manichea tra buoni e cattivi sul campo di battaglia) fa nuovamente trasparire l’indole reazionaria dell’ex “Mad Max”, dall’altra tali aspetti da film a tesi sono qui anzitutto in funzione di un’esaltazione della forte convinzione morale attraverso la quale può emergere il lato umano dell’eroe: infatti, nonostante le sfumature non siano certo una prerogativa del suo cinema, nell’esaltare il coraggio e l’abnegazione del protagonista, Gibson ne esibisce anche la centrale nonché quasi paradossale contraddizione, ovvero il rifiuto delle armi in nome del quinto comandamento in antitesi con la macchina bellica che dello stesso è una metodica violazione; un contrasto di interesse non trascurabile che peraltro fa il paio con quel dualismo interno ravvisabile sia sul piano tematico (la succitata dicotomia tra patriottismo americano e denuncia dell’assurdità della guerra) che su quello stilistico (per come coniuga l’epica limpidezza da kolossal hollywoodiano della grande tradizione con un realismo più moderno che va dal cupo barocchismo di Peckinpah alle suggestioni emotive di Spielberg). In tutto ciò, quello di Gibson regista si conferma un ritorno con carattere, assai ben accolto da pubblico e critica fin dalla presentazione (fuori concorso) al festival di Venezia; un successo in seguito estesosi fino all’ultima edizione dei premi Oscar, dove il film concorre infatti con 6 candidature tra cui miglior film, regia e miglior attore all’ottimo Andrew Garfield, il quale, con la sua faccia pulita e il suo sguardo irrequieto, risulta credibile e convincente nel conferire al personaggio il giusto spessore e una coinvolgente sensibilità.
La Battaglia di Hacksaw Ridge | |
La Battaglia di Hacksaw Ridge | |
Summary
"Hacksaw Ridge"; di Mel Gibson; Con Andrew Garfield, Teresa Palmer, Hugo Weaving, Rachel Griffiths, Luke Bracey, Vince Vaughn, Sam Worthington, Richard Roxburgh, Nathaniel Buzolic; guerra; USA, 2016; durata: 139'. |
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