Lady Vendetta

Condannata ingiustamente per l’omicidio di un bambino, la bella Lee Geum-ja (Lee Yeong-Ae) passa tredici anni in carcere. Quando ne esce, la giovane dal viso d’angelo mette da parte la timidezza che la contraddistingueva in precedenza, per lasciare spazio ad una inaspettata quanto  spietata sete di vendetta.

Dopo i precedenti “Mr. Vendetta” e “Old Boy”, il regista coreano Park Chan-Wook chiude la sua trilogia sulla vendetta con quest’ultimo capitolo, superiore al primo, e forse solo di poco inferiore al secondo. Con un titolo originale in cui il “Sympathy” (omesso nella versione italiana) la dice lunga sulle intenzioni, il film racconta appunto la storia di una vendetta che diventa, moralmente, espiazione e redenzione. Infatti, non a caso l’autore vi pone al centro una figura femminile, una figura di luce nel sangue, come rappresentato anche nella bellissima locandina che sembra un santino. È questo il climax e il senso intrinseco dell’opera, palesato attraverso una scrittura stilistico-narrativa personale e coinvolgente, che ricostruisce il passato per integrare il presente. Orchestrato magistralmente ed illuminato dalla protagonista Lee Yeong-Ae, nella sua identità complessa e autoriale convivono momenti da dramma tragico, venature da thriller dell’anima e impennate di sanguinosa violenza, che lungo l’emozionante intreccio di grande forza incisiva si alternano e si fondono alimentandosi a vicenda, rafforzando i significati dell’opera e definendone lo stile. Teso e calibrato, visivamente splendido (vedere il finale avvolto in una coltre di neve purificatrice) e ricco di emozioni contrastanti, “Lady Vendetta” è un film coinvolgente e sconvolgente, assolutamente da non perdere. Presentato con successo a Venezia 2005, vinse il premio per la migliore regia al Festival di Bangkok.