1956. Conclusi gli studi ad Oxford, il giovane Colin Clark (Eddie Redmayne) cerca con perseveranza un impiego nel cinema. Dopo vari rifiuti, il ragazzo riesce finalmente ad ottenere il posto di terzo assistente alla regia nel film Il Principe e la Ballerina, diretto ed interpretato da Sir Laurence Olivier (Kenneth Branagh). Protagonista femminile della pellicola è la grande diva Marilyn Monroe (Michelle Williams), fresca di matrimonio con lo scrittore Arthur Miller (Dougray Scott) e con lui appena arrivata in Inghilterra in occasione delle riprese. Quando Miller torna negli Stati Uniti convinto che il suo matrimonio con Marilyn sia stato uno sbaglio, quest’ultima, ulteriormente intristita da fragilità personali ed incomprensioni sul set, scoprirà un’inattesa affinità proprio con il giovane assistente, il quale, ovviamente ammaliato dalla donna più desiderata del pianeta, trascorrerà con lei una settimana che non dimenticherà.
Scritto da Adrian Hodges e diretto da Simon Curtis (entrambi all’esordio sul grande schermo dopo tanta TV di qualità, al contrario di ciò che potrebbe far intendere l’alterato e fuorviante titolo italiano, il film è in realtà qualcosa di più di un biopic di stampo convenzionale meramente illustrativo, riuscendo infatti, senza particolari guizzi ma con garbata accortezza, ad evitare le usuali trappole del genere come la testimonianza agiografica o lo svolgimento didascalico. Perché, nel suo omaggio sentito e sincero alla diva per antonomasia, il film preferisce invece adottare quella struttura ellittica di frequente adottata nelle biografie più recenti, fornendo infatti un ritratto efficace ed esaustivo attraverso un racconto di vita solo parziale, puntando così a cogliere lo spirito e la personalità della figura realmente esistita concentrandosi su un particolare periodo della sua esistenza rivelatosi determinante o per diversi motivi particolarmente significativo. In questo caso, l’arco narrativo si concentra infatti proprio, come suddetto, sulla travagliata fase di lavorazione del film diretto da Olivier e da lui interpretato insieme alla diva, registrando sensazioni, frizioni e frustrazioni di quest’ultima dal punto di vista più comune (come a coincidere con quello dello spettatore) del timido factotum Clark (interpretato con la giusta, innocente e sofferta intensità da Redmayne), i cui autentici diari tenuti in quel periodo hanno fornito il materiale per la sceneggiatura. L’operazione può dirsi riuscita anche per merito dell’ottima protagonista Michelle Williams (non a caso premiata ai Golden Globe), la quale, unendo devozione mimetica e tecnica recitativa, diventa una Monroe credibile e sfaccettata senza scadere nel macchiettismo imitativo; ad affiancarla, troviamo inoltre un convincente Branagh (come lei giustamente candidato all’Oscar), il cui istrionismo ben controllato risulta invece funzionale a mettere in luce l’ingombrante energia del regista-attore Olivier. Tuttavia, sarebbe comunque piuttosto ingeneroso affermare che l’unico merito di questa gentile e malinconica commedia di stampo classico e dal gusto deliziosamente British risieda soltanto nel nutrito cast di interpreti e comprimari, tra i quali spiccano inoltre la giovane Emma Watson e la sempre grande Judi Dench (come di consueto capace di lasciare il segno anche in ruoli di supporto); infatti, oltre alla confezione curata e all’orchestrazione di piacevole leggerezza (evitando velleitarie ambizioni stilistiche e riuscendo a coinvolgere senza sfociare in ricattatorie strumentalizzazioni emotive), non è trascurabile inoltre per l’attenta e arguta rappresentazione delle contrapposizioni tra caratteri ed intenti dei tre personaggi principali: diviso tra Olivier (attore che vorrebbe essere un divo) e Marilyn (una diva che vorrebbe essere un’attrice), l’inesperto Clark si trova infatti ben presto a barcamenarsi tra l’ammirazione per l’uno e la fascinazione per l’altra, esperienza che alla fine avrà un impatto indelebile sulla sua vita privata e professionale. Calato in una nostalgica atmosfera velata di sottile rimpianto per un tempo ed un cinema passati, tale centrale conflitto può altresì assumere un valore archetipico, specie se letto come un’ammiccante allusione ai più universali contrasti tra passato e presente, maturo ed inesperto, antico e moderno, ma anche, alla fine dei conti, tra l’inarrestabile fascino e la dolce-amara fugacità dell’incanto cinematografico.
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Summary
"My Week with Marilyn"; di SIMON CURTIS; con MICHELLE WILLIAMS, EDDIE REDMAYNE, KENNETH BRANAGH, JULIA ORMOND, JUDI DENCH, DOUGRAY SCOTT, EMMA WATSON, DOMINIC COOPER, DEREK JACOBI, TOBY JONES, RUSSELL BEALE; commedia; G. B./ Usa, 2011; durata: 99'; |
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