A seguito di un sogno rivelatore che è in realtà un messaggio divino, Noè (Russell Crowe) scopre la sua missione: costruire un’Arca per salvare le creature viventi da un catastrofico diluvio. Nell’adempire alla sua missione, il patriarca dovrà però affrontare non solo i suoi conflitti interiori e i contrasti con la famiglia, ma anche la sua nemesi Tubal-cain (Ray Winstone), malvagio capo dei discendenti di Caino.
Nel condensare in poco più di 2 ore i capitoli dal 5 al 9 del libro della Genesi, l’audace Aronofsky, ateo figlio di ebrei osservanti, ne offre una visione liberissima senza preoccuparsi della corretta esegesi biblica, apportando cambiamenti, revisioni e personalizzazioni non solo sul piano prettamente narrativo (minore risalto agli animali, più ampio spazio alle figure femminili, le visioni del protagonista, l’antagonista infiltrato nell’arca), ma anche a livello formale e contenutistico: scartando i toni da peplum o l’impostazione da classico filone biblico, punta piuttosto ad una inusuale dimensione mitologica dal sapore new age per immergerla in un contesto da kolossal d’ispirazione fantasy che pare rifarsi alla riduzione cinematografica dell’universo di Tolkien (gli ex angeli caduti che diventano giganti di roccia, le scene di battaglia, o i poteri del quasi caricaturale Matusalemme di Anthony Hopkins); all’interno, lo sfondo ambientalista porta con sé una morale ecologista, intrecciata ad una massiccia vena da melodramma familiare, incontra un ambizioso discorso legato al dilemma morale, offrendo nel contempo una versione problematica della giustizia divina (i discendenti di Caino meritano l’ira funesta del Creatore, il cui nome non viene mai nominato), non senza incongruenze concettuali in sottotesto (la peculiare fusione di creazionismo ed evoluzionismo). Calato in suggestivi paesaggi incontaminati (esterni girati in Islanda) esaltati da larghe aperture panoramiche (fotografia di Matthew Libatique), non manca di vigorose e in un certo qual modo affascinanti sequenze di spettacolo, coadiuvate anche dai certamente fantasmagorici effetti visivi (non solo nell’apocalittico diluvio), ma d’altra parte le ambizioni di fondo risultano comunque solo parzialmente risolte: diseguale nel ritmo e un po’ altalenante nello stile, è un film anomalo e un po’ schizofrenico in cui la succitata alternanza di toni, non immune ad alcuni cedimenti di sceneggiatura (scritta dal regista con Ari Handel e l’apporto del pur capace John Logan, non accreditato), finisce con il compromettere la coesione strutturale, faticando peraltro a trovare un autentico e/o omogeneo equilibrio tra fedeltà al testo biblico, contaminazioni di fonti o di genere, simbolismo ridondante ed interpretazione liberamente moderna. Ad ogni modo, il Noè di Russell Crowe (supportato da Jennifer Connelly, di nuovo sua moglie sullo schermo dopo “A Beautiful Mind”) resta sommariamente un protagonista piuttosto vitale nella sua natura tormentata e poco convenzionale (quasi alla Cormac McCarthy). Bandito in molti paesi arabi perché violerebbe i precetti dell’Islam, in Italia ha debuttato in testa al box office, pur con risultati non eclatanti.
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Summary
id.; di Darren Aronofsky; con Russell Crowe, Jennifer Connelly, Ray Winstone, Emma Watson, Anthony Hopkins, Logan Lerman, Douglas Booth; USA, 2014; durata: 138’. |
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