Nell’indispensabile secondo tempo (non una seconda parte, né tantomeno un seguito) dell’opera “monstre” di von Trier, la narrazione procede con altri tre capitoli in maniera consequenziale su doppio binario, con la confessione della ninfomane Joe a Seligman (omonimo non causale di un celebre esponente della psicologia positiva) che continua in parallelo alla sua storia di “formazione sessuale” raccontata in flashback.
Meno sperimentale eppure maggiormente articolato della prima parte, forse anche più esplicito nell’approccio alla sessualità ma al tempo stesso meno ambiguo, questo volume conclusivo del dittico accantona il puzzle metanarrativo di teoremi, polifonie e riferimenti pur senza abbandonare divagazioni e contrappunti, procedendo con una struttura più concentrata ma non per questo meno dinamica o meno brillante. Mentre lungo il racconto la protagonista diventa una donna adulta, con la giovane Stacy Martin che lascia tutto campo a Charlotte Gainsbourg, insieme a lei cresce anche l’oppressione di una crisi che nemmeno la nascita di un figlio riesce a risolvere: un dramma “causato dall’amore”, sentimento che le impedisce di provare piacere imprigionandola in una ninfomania che non porta ad altro se non ad una condanna di eterna sofferenza. Ecco quindi che, pur senza escludere altre parentesi di angoscioso umorismo (la sequenza della preparazione ad un amplesso a tre, con i due amanti di colore che discutono animatamente in un’incomprensibile lingua africana), il pessimismo della parabola diventa radicale, in una discesa agli inferi che sfocia nel crimine e nella violenza, trovando nella tragicità del dolore la sua definitiva cifra narrativa: non a caso arriva quindi la parentesi sadomaso, la violenza si insinua nel racconto e l’autore fa di nuovo ricorso, nell’ennesima, azzeccata ed evocativa autocitazione, a quel “Lascia ch’io Pianga” di Handel che già aveva potentemente caratterizzato il controverso Antichrist. Così il crudele racconto morale all’insegna di una personale scorrettezza intellettuale prosegue come un ossessivo trattato filosofico/sessuale (la dicotomia tra sessualità e solitudine, l’erotismo come mezzo di adulterazione, i richiami freudiani nei percorsi psicologico-sociali dei personaggi) che virando al tragico conduce verso una conclusione tanto scioccante quanto inevitabile, con una chiusura del cerchio in realtà soltanto apparente, complice anche il beffardo, irridente ed emblematico colpo di coda finale che rimette tutto in discussione. Tirando quindi le somme ancorché visto nella sua interezza (ma sempre in termini relativi, considerando che la versione distribuita non corrisponde a quella integrale, bensì ad una decisamente più edulcorata), Nymphomaniac è un’opera che può apparire come una sorta di summa del suo cinema, peraltro in linea con l’usuale concezione controversa e discutibile dell’universo femminile già presente nelle opere precedenti di von Trier, la cui forza disturbante ed evocativa si può come di consueto respingere o accogliere: da una parte, nella sua grande densità di implicazioni simboliche, filosofiche ed ideologiche, l’ambizione che lo smuove rischia a tratti di risolversi in un manierismo autoreferenziale non sempre adeguato e/o funzionale; dall’altra, accettando l’ammiccante ma sottile proposta dell’autore di ritrovarsi ad essere al tempo stesso spettatore e voyeur, può comunque risultare a suo modo coinvolgente nonché piuttosto conturbante lasciarsi andare alla sua salace scorrettezza e alla sua indocile forza evocativa ed irritante, disturbante e viscerale.
(QUI trovate la recensione di Nymphomaniac – Vol. 1)
Nymphomaniac - Vol. 2 | |
Nymphomaniac - Vol. 2 | |
Summary
“Nymphomaniac – Vol. 2”; di Lars von Trier; con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Christian Slater, Jamie Bell, Uma Thurman, Willem Dafoe, Mia Goth, Connie Nielsen; drammatico; Danimarca/ Belgio/ Francia/ Germania, 2013; durata: 124'. |
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