Oscar, tutti i candidati: “Roma” e “La Favorita” guidano le nomination

Oscar, tutti i candidati: “Roma” e “La Favorita” guidano le nomination

Tra molte conferme ma anche diverse sorprese e qualche novità, sono state annunciate le candidature ai premi Oscar, la cui 91esima edizione si distingue innanzitutto per una particolare ed atipica apertura anche ad opere, autori ed interpreti stranieri.

Infatti, a guidare la competizione, con ben 10 nomination a testa, sono due film diretti da autori non americani (entrambi candidati anche al premio per la miglior regia), ovvero La Favorita di Yorgos Lanthimos e Roma di Alfonso Cuarón, già distintisi con onore durante la stagione dei premi nonché acclamati dalla critica fin dall’anteprima al festival di Venezia, dove entrambi furono meritatamente premiati: se, come da pronostico, il primo (terzo film in lingua inglese diretto dall’acclamato regista greco) si dimostra piuttosto forte non solo nelle categorie della sceneggiatura e della recitazione (fruttando la nomination alle tre protagoniste Olivia Colman, Emma Stone e Rachel Weisz), ma anche anche in quelle tecniche visuali (ovvero fotografia, scenografia, costumi e montaggio), il secondo (premiato appunto al Lido con il Leone d’Oro) stupisce ottenendo un risultato superiore anche alle più rosee aspettative; infatti, eguagliando il record de La Tigre e il Dragone per numero di nomination ad un film non anglofono, il film si conferma non solo il grande favorito nella corsa al premio come miglior pellicola in lingua straniera, ma anche un contendente di grande rilievo nella competizione principale, dove il regista messicano si impone con ben 4 nomination personali (come produttore, regista, sceneggiatore e direttore della fotografia) alle quali si aggiungono a sorpresa quelle per le due interpreti Yalitza Aparicio e Marina de Tavira. A seguire, con 8 candidature, troviamo poi Vice – L’Uomo nell’Ombra di Adam McKay e A Star is Born di Bradley Cooper, entrambi candidati per la migliore sceneggiatura nonché molto presenti nelle categorie recitative (schierando a loro volta un forte terzetto di interpreti); tuttavia, a differenza del primo, a sorpresa il secondo manca la nomination alla miglior regia, ottenendo quindi un risultato leggermente sotto le aspettative ma restando comunque assai ben posizionato (grazie anche al buon successo di pubblico), facendo guadagnare come pronosticato una doppia nomination a Lady Gaga (che concorre infatti ai premi per miglior attrice e miglior canzone) e una tripla a Cooper (candidato appunto non solo come attore, ma anche co-produttore e co-sceneggiatore). Inoltre, se grazie al grande successo Black Panther la Marvel riesce per la prima volta ad abbinare ad una mezza dozzina di designazioni tecniche quella più importante per miglior film, anche Spike Lee riesce finalmente ad entrare davvero in competizione ottenendo un personale terzetto di candidature importanti (come produttore, regista e co-sceneggiatore) grazie al suo acclamato BlacKkKlansman, anch’esso forte di 6 rilevanti candidature; con 5 nomination a testa, lo tallonano i due vincitori del Golden Globe, ovvero Green Book e Bohemian Rhapsody, non ugualmente osannati dalla critica (specialmente il secondo) ma sostenuti appunto dall’industria, che anche in questo caso potrebbe quindi riservare qualche premio ad entrambi. Restano invece sottotono (fermandosi ad un più ridotto quartetto di designazioni tecniche) First Man di Damien Chazelle e Il Ritorno di Mary Poppins di Rob Marshall, mentre sorprende il grande risultato di un altro acclamato film straniero, ovvero il bellissimo Cold War del polacco Pawel Pawlikowski, che alla pronosticata nomination come miglior film straniero abbina non solo quella per la miglior fotografia, ma anche una terza di enorme rilievo per la miglior regia. Tre candidature piuttosto importanti anche per altrettanti candidati alla migliore sceneggiatura non originale, ovvero Copia Originale (che concorre anche ai premi per gli interpreti Melissa McCarthy e Richard E. Grant), Se la Strada Potesse Parlare (nuovo film di Barry Jenkins che potrebbe condurre alla vittoria l’attrice Regina King) e La Ballata di Buster Scruggs dei fratelli Coen (inatteso contendente a sorpresa). Infine, se tra i documentari e i film d’animazione in lizza per la statuetta spiccano invece, rispettivamente, RBG (candidato anche per la miglior canzone) e L’Isola dei Cani di Wes Anderson (presente anche nella categoria della miglior colonna sonora), tra gli interpreti in corsa per il premio figurano inoltre due veterani come Willem Dafoe e Glenn Close, la quale potrebbe finalmente ottenere la vittoria per la sua intensa interpretazione in The Wife. Tra i film invece completamente esclusi dalla competizione spiccano, tra gli altri, Widows di Steve McQueen e Senza Lasciare Traccia di Debra Granik, ma anche la commedia di successo Crazy & Rich, l’ottimo esordio Eighth Grade di Bo Burnham e l’ultimo film di Clint Eastwood Il Corriere – The Mule.

Ma vediamo ora le nomination nel dettaglio: di seguito, ecco quindi l’elenco completo dei candidati in ogni categoria, completo di considerazioni e approfondimenti ma anche di qualche pronostico sugli eventuali vincitori, che saranno annunciati il 24 febbraio durante la cerimonia di premiazione.

In quella che si sta rivelando una delle Award Seasons più imprevedibili degli ultimi anni, la generale incertezza causata dagli esiti inaspettati e differenziati che hanno scandito un circuito dei premi quest’anno piuttosto atipico (con nessun film a spiccare davvero per consensi e vittorie) rende più difficile individuare un evidente favorito alla vittoria, aprendo quindi a diversi scenari possibili anche nella categoria più importante, in cui quest’anno si sfideranno otto film. Tra questi, sebbene per molti versi possa ancora sembrare il candidato ideale per stregare l’Academy, il grande successo A Star is Born (esordio dietro la macchina da presa dell’attore Bradley Cooper) non ottiene come suddetto il grande risultato pronosticato, fermandosi appunto a quota 8 candidature e mancando peraltro a sorpresa quelle al montaggio e (soprattutto) alla miglior regia, fattore che potrebbe incidere ulteriormente sulle sorti di un film che inoltre nel corso della stagione ha in effetti faticato più del previsto a racimolare anche altri riconoscimenti: infatti, le pellicole maggiormente premiate dalle diverse associazioni dei critici statunitensi si sono rivelate proprio quelle che ora guidano le nomination, ovvero appunto La Favorita e Roma, mentre a distinguersi per onori ricevuti dall’industria (che talvolta possono influire sulle scelte dei votanti per gli Oscar) è stato invece il non a caso più hollywoodiano Green Book; tra i primi due (entrambi ulteriormente rafforzati dall’appunto considerevole numero di candidature), sebbene il primo resti comunque un contendente di grande rilievo, il secondo (considerando il risultato sopra le aspettative e assai sorprendente per un film straniero) potrebbe continuare a stupire e fare incetta di riconoscimenti, anche se una sua vittoria rappresenterebbe una (pur da molti gradita) anomalia che si estenderebbe ben oltre ad un eventuale riconoscimento per la miglior regia (mai conquistato da un film non in inglese): infatti, in caso di trionfo, il personale Amarcord in bianco e nero di Cuarón diventerebbe non solo il primo film non anglofono ad aggiudicarsi il premio principale (al quale in precedenza solo altre nove pellicole in diverse lingue concorsero senza però arrivare alla statuetta), ma anche l’unico ad affiancare tale vittoria a quella come miglior opera straniera (altra categoria in cui è il grande favorito); tuttavia, sebbene le numerose nomination dimostrino una maggiore apertura verso i prodotti Netflix, la distribuzione non convenzionale potrebbe rappresentare un problema per il pur osannato film (prodotto proprio dal colosso streaming, che per la prima volta rientra quindi tra i candidati al premio come miglior film), a cui l’Academy potrebbe quindi preferire il succitato film di Peter Farrelly, già trionfatore a Toronto nonché forte delle importanti vittorie ai Producers Guild Awards e ai già citati Golden Globe. Questi ultimi premiarono però a sorpresa anche il poco apprezzato successo di pubblico Bohemian Rhapsody, che a sua volta (nonostante la diffusa ostilità verso il problematico regista Bryan Singer) arriva fino agli Oscar pur non aiutato dalle reazioni appunto sfavorevoli della critica, che invece ha molto ben accolto un alto candidato di peso come BlacKkKlansman di Spike Lee, anch’esso da non sottovalutare. A chiudere la rosa di pellicole in lizza per il premio principale troviamo infine il politicamente impegnato Vice di Adam McKay (anch’esso sostenuto dalle numerose candidature di rilievo) e il fortunato cinecomic Black Panther, primo film targato Marvel a concorrere per la statuetta più importante, che invece (già forte del trionfo ai SAG, dove ha infatti ottenuto il premio per il miglior cast) potrebbe puntare alla vittoria soprattutto in alcune categorie tecniche. Tra i titoli invece esclusi dal gruppo di candidati spiccano invece soprattutto i già citati First Man e Se la Strada Potesse Parlare.

In una categoria che si sta rivelando sempre più internazionale (con 6 registi stranieri a trionfare nelle ultime 10 edizioni), quest’anno troviamo infatti ben 3 importanti autori non americani, ovvero il greco Lanthimos (che al suo terzo film in lingua inglese concorre per la prima volta come regista e produttore), il polacco Pawlikoswki (meritevole outsider a sorpresa) e naturalmente Cuarón (già premiato per Gravity). Indiscusso dominatore nel circuito dei premi (arrivando ad aggiudicarsi anche il prestigioso Directors Guild Award), quest’ultimo (che con ben 4 candidature personali nello stesso anno per un singolo film eguaglia il record di Warren Beatty, Alan Menken e dei fratelli Coen) resta certamente il favorito, ponendosi in pole position per ricevere la sua seconda statuetta per la miglior regia, vittoria che inoltre rappresenterebbe un risultato senza precedenti per un film non in lingua inglese. Eppure, considerata anche la sorprendente assenza di Bradley Cooper tra i registi candidati, da non escludere potrebbe essere anche una vittoria a sorpresa di Spike Lee, che dopo il premio alla carriera ricevuto nel 2016 potrebbe ora infatti puntare ad un riscatto anche nelle categorie competitive con quello che è il primo dei suoi film a concorrere ai premi principali ed ottenere quindi una più estesa e convinta accoglienza da parte dell’Academy. Fuori dalla cinquina restano invece non solo le numerose registe donne in competizione (da Debra Granik a Marielle Heller fino a Lynne Ramsay, Chloé Zhao e Josie Rourke), ma anche il giovane quanto lanciato Ryan Coogler di Black Panther e l’inedito Peter Farrelly di Green Book, ai quali l’Academy ha invece preferito Adam McKay, già candidato per il precedente La Grande Scommessa.

Se la mancata candidatura come miglior regista a Bradley Cooper potrebbe spingere i giurati dell’Academy a riconoscerne invece il lavoro come interprete, nella categoria del miglior attore il regista e protagonista di A Star is Born dovrà però vedersela con i due vincitori del Golden Globe, ovvero Christian Bale (che nei panni di Dick Cheney in Vice offre un’altra performance da trasformista) e Rami Malek (convincente Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody, forte anche delle vittorie ai SAG e ai BAFTA). Meno quotato invece il ritrovato anche se un po’ stereotipato Viggo Mortensen di Green Book, anch’esso di nuovo in lizza per il premio insieme all’intenso Willem Dafoe di Van Gogh; a sorpresa, quest’ultimo (già premiato a Venezia per la sua interpretazione del grande artista nel nuovo film di Julian Schnabel) soffia infatti la candidatura al notevole Ethan Hawke di First Reformed, impostosi nel circuito dei premi ottenendo numerosi elogi e riconoscimenti da parte della critica eppure purtroppo snobbato dall’industria, Academy compresa. Niente nomination anche per il John David Washington di BlacKkKlansman e il sottovalutato Ryan Gosling di First Man.

Nella categoria della miglior attrice si preannuncia invece una sfida a tre: se Lady Gaga (al suo primo ruolo da protagonista al cinema) ha convinto pubblico e critica riprendendo l’iconico ruolo della protagonista di A Star is Born, l’ottima Olivia Colman de La Favorita ha finora dominato il circuito dei premi arrivando ad aggiudicarsi non solo il BAFTA, ma anche il Golden Globe, vittoria però condivisa con la sempre grande Glenn Close, la quale (dopo aver trionfato anche ai SAG) alla sua settima candidatura potrebbe finalmente trovare il riscatto che merita vincendo il suo primo Oscar per la poderosa prova offerta nel più piccolo ma intenso The Wife. Chiudono la rosa di candidate la brava Melissa McCarthy di Copia Originale e, a sorpresa, l’appezzata esordiente Yalitza Aparicio di Roma, che soffia la nomination alla quotata Emily Blunt, impegnata a riprendere l’iconico ruolo che fu di Julie Andrews ne Il Ritorno di Mary Poppins (sequel del cult Disney del 1964). Tra le altre attrici rimaste fuori dalla cinquina, oltre alla giovane Elsie Fisher di Eighth Grade, all’irriconoscibile Nicole Kidman di Destroyer e alla sempre notevole Viola Davis di Widows, spicca inoltre soprattutto Toni Collette, molto apprezzata dalla critica per la sua terrificante interpretazione nell’acclamato horror indipendente Hereditary.

A soli due anni dal premio per Moonlight, il sempre più lanciato e popolare Mahershala Ali pare ormai in pole position per ottenere un secondo Oscar grazie alla sua interpretazione di Don Shirley in Green Book (per cui ha già ricevuto il SAG, il BAFTA e il Golden Globe), anche se l’inglese Richard E. Grant, giustamente molto apprezzato nel circuito dei premi per la sua performance in Copia Originale, potrebbe rivelarsi un contendente decisamente valido. Da non sottovalutare è comunque anche un altro caratterista di livello come Sam Elliott, che per A Star is Born ottiene la sua prima nomination come anche il sempre interessante Adam Driver, candidato invece per BlacKkKlansman. Niente nomination invece per il giovane Timothée Chalamet di Beautiful Boy, il troppo poco considerato Russell Hornsby de Il Coraggio della Verità e il funzionale Michael B. Jordan di Black Panther, ai quali l’Academy preferisce il vincitore dello scorso anno Sam Rockwell, calatosi stavolta nei panni di George W. Bush per Vice di McKay.

Pur mancando inaspettatamente l’importante candidatura ai SAG Awards, l’intensa Regina King di Se la Strada Potesse Parlare sembra comunque restare la favorita per la vittoria come miglior attrice di supporto, specialmente dopo la meritata vittoria ai Golden Globe (che si aggiunge a quelle ai Critics’ Choice Awards e alla National Board of Review). Eppure, grazie al suo forte ruolo da comprimaria in Vice, la sempre brava Amy Adams (arrivata alla sua sesta candidatura) potrebbe rivelarsi una valida contendente al premio, sebbene a sua volta osteggiata dalle due co-protagoniste de La Favorita, ovvero la sempre più lanciata Emma Stone e la vincitrice a sorpresa del BAFTA Rachel Weisz (tra le quali però potrebbe essere difficile scegliere per i giurati dell’Academy, i cui voti ad entrambe potrebbero quindi disperdersi). Infine, in una delle più grandi sorprese di questa edizione, a chiudere la rosa di candidate è la brava Marina de Tavira di Roma, che contro tutti i pronostici conquista infatti l’ultimo posto della cinquina (rimasto vacante per tutta la durata della Awards Season), dimostrandosi quindi decisamente competitiva nel riuscire a soffiare la nomination ad altre contendenti assai quotate come l’inedita Claire Foy di First Man, la giovane Thomasin McKenzie di Senza Lasciare Traccia, l’ottima Michelle Yeoh di Crazy & Rich e l’apprezzata Margot Robbie di Maria Regina di Scozia. Anche qui mancano inoltre le candidatura le già citate Nicole Kidman e Emily Blunt, le quali, seppur entrambe in competizione con un secondo ruolo degno di nota (la prima nel dramma Boy Erased e la seconda in A Quiet Place, che peraltro le ha fruttato il SAG) non riescono quindi a rientrare in nessuna delle due categorie dedicate alle interpretazioni femminili.

Sfida agguerrita nella categoria della miglior sceneggiatura originale, dove infatti a contendersi il premio sono cinque titoli tutti molto quotati: se Green Book ha già vinto il Golden Globe (riuscendo apparentemente a superare la polemica scatenata dalle discutibili dichiarazioni politiche del co-autore Vallelonga), La Favorita si è invece imposto con più forza nel circuito dei premi come anche First Reformed, piccolo-grande film che alla fine riesce con merito ad entrare in cinquina facendo finalmente ottenere al grande veterano Paul Schrader (qui anche regista) la sua prima candidatura come scrittore. Infine, se anche qui Roma non è affatto da sottovalutare, a chiudere la rosa di candidati troviamo poi Adam McKay, che con l’arguto Vice (suo primo film scritto in solitaria) potrebbe puntare ad aggiudicarsi un secondo premio come sceneggiatore dopo quello ottenuto nel 2015 per il precedente La Grande Scommessa. A mancare la candidatura in questa categoria sono invece soprattutto l’apprezzato esordio alla regia di Bo Burnham Eighth Grade (vincitore del Writers Guild Award), il ben accolto A Quiet Place di John Krasinski, ma anche il personale Sorry to Bother You di Boots Riley e la riuscita commedia Private Life della già candidata Tamara Jenkins.

Come successe nella scorsa edizione, anche quest’anno un forte quartetto di film si è imposto fin da subito in questa categoria, mentre l’ultimo posto disponibile è invece rimasto un’incognita per l’intera durata della stagione, con un nutrito gruppo di titoli pronti ad entrare in competizione: tra questi, oltre all’ottimo Senza Lasciare Traccia di Debra Granik (vincitore dell’USC Script Award) e al già molto quotato Black Panther (che dopo la candidatura dell’anno scorso a Logan poteva legittimamente puntare a diventare il secondo cinecomic candidato per la scrittura), figuravano inoltre infatti il satirico Morto Stalin se ne fa un altro di Armando Iannucci e la riuscita commedia etnica Crazy & Rich, ma anche il vigoroso Windows di Steve McQueen (co-sceneggiato da Gillian Flynn) e ancora il troppo poco considerato First Man (che anche qui non trova fortuna). Alla fine, ad occupare tale spazio vacante nella cinquina dedicata ai miglior adattamenti è stato a sorpresa La Ballata di Buster Scruggs degli infallibili Joel e Ethan Coen, altro film prodotto da Netflix e premiato a Venezia proprio per la miglior sceneggiatura. Ad ogni modo, l’antologico western dei fratelli autori (già sei volte candidati e due volte vincitori nelle categorie della scrittura) resta forse piuttosto debole rispetto agli altri contendenti, tra cui, oltre al riuscito Copia Originale (co-sceneggiato dalla regista Nicole Holofcener dalle memorie di Lee Israel, già trionfatore ai Writers Guild Awards) e al remake A Star is Born (che il regista Cooper ha adattato dai copioni dei film precedenti insieme a Will Fetters e allo specialista Eric Roth), figurano infatti i ben posizionati Se la Strada Potesse Parlare e BlacKkKlansman: se il primo (che il regista Barry Jenkins ha adattato dal celebre romanzo di James Baldwin) può contare sul successo ottenuto nel circuito dei premi, il secondo (ispirato invece alle memorie di Ron Stallworth e anch’esso già molto premiato) potrebbe trovare in questa categoria una delle sue maggiori possibilità di vittoria, fruttando quindi un altro meritato Oscar al regista e co-autore Spike Lee.

Come suddetto, come dimostrano gli importanti premi già ricevuti (tra cui il Golden Globe e il Leone d’Oro) ma anche le numerose candidature di rilievo, Roma del messicano Cuarón è certamente il favorito anche nella corsa al premio come miglior film straniero. Eppure, se un eventuale e probabile trionfo per la regia dovesse estendersi a quello per miglior film, l’Academy potrebbe anche decidere di favorire in questa categoria un altro candidato da non lasciare a mani vuote: in questo caso, la scelta potrebbe ricadere sull’osannato Cold War del polacco Pawlikowski (che nel 2015 aveva già trionfato con il bellissimo Ida), forte anche della vittoria agli European Film Awards e della nomination a sorpresa per la miglior regia. Meno competitivi i tre restanti (e pur comunque notevoli) candidati, dal giapponese Un Affare di Famiglia (trionfatore al festival di Cannes) al libanese Cafarnao (anch’esso distintosi sulla Croisette, dove ottenne il Premio della Giuria) fino al tedesco Opera Senza Autore di Florian Henckel von Donnersmarck, a sua volta già premiato in questa stessa categoria nel 2007 per il suo bellissimo lungometraggio d’esordio Le Vite degli Altri. Tra i film stranieri non candidati, oltre ai restanti finalisti (ovvero il sud-coreano Burning, il colombiano Birds of Passage, il danese The Guilty e l’aspirante outsider dalla Mongolia Akya), vale la pena citare anche alcuni titoli meritevoli eppure esclusi anche dalla shortlist, ovvero il paraguaiano Le Ereditiere e l’argentino Zama, ma anche lo svedese Border (che comunque riceve la candidatura per il miglior trucco), il belga Girl (vincitore della Camera d’Or come miglior opera prima a Cannes) e naturalmente l’italiano Dogman di Matteo Garrone.

Nella categoria (quest’anno poco affollata) dedicata ai film animati, se con il sequel di successo Gli Incredibili 2 l’immancabile Pixar punta a bissare la vittoria ottenuta con il predecessore, da non sottovalutare sono comunque l’adorabile L’Isola dei Cani (nuovo cartoon in stop-motion diretto da Wes Anderson, premiato a Berlino per la miglior regia) e soprattutto l’acclamato Spider-Man – Un Nuovo Universo, impostosi come outsider di grande rilevanza che infatti, dopo aver sbaragliato la concorrenza dominando a sorpresa il circuito dei premi, potrebbe quindi arrivare a soffiare la vittoria ad entrambi (come già accaduto ai Golden Globe e agli Annie Awards). Meno forti gli altri due candidati, ovvero Ralph Spacca Internet (altro sequel targato Disney) e il giapponese Mirai (nuovo anime diretto da Mamoru Hosoda). Fuori dalla cinquina restano invece, tra gli altri, non solo I Primitivi di Nick Park, ma anche il nuovo adattamento de Il Grinch (realizzato da Illumination) e il più modesto prodotto Warner Smallfoot.

La sorprendente assenza di First Man tra i candidati alla miglior fotografia potrebbe anche qui favorire Cuarón e il suo Roma, che però dovrà vedersela non solo con le candele in grandangolo de La Favorita e le luci da palcoscenico di A Star is Born, ma anche con un altro bianconero di grande espressività: infatti (come il precedente Ida) il nuovo film di Pawlikowski Cold War concorre anche in questa importante categoria tecnica, dove inoltre a sorpresa trova spazio un terzo contendente non anglofono, ovvero Opera senza Autore (anch’esso in corsa per il premio come miglior film straniero), la cui fotografia è però curata dallo statunitense Caleb Deschanel, già noto e apprezzato all’Academy tanto da ottenere con questo film la sua sesta nomination (in attesa di una vittoria ancora da conquistare). A sorpresa, quest’ultimo soffia la candidatura al più quotato James Laxton, il cui cruciale e splendido contributo visivo a Se la Strada Potesse Parlare di Barry Jenkins viene infatti inaspettatamente snobbato dall’Academy.

Forte del suo sontuoso apparato scenografico, l’arguta e grottesca commedia in costume La Favorita potrebbe facilmente prevalere in questa categoria, dove però concorrono anche due quotati nomi già noti all’Academy come John Myre e Nathan Crowley, il primo (alla sua sesta nomination e già due volte vincitore) artefice delle fantasiose ambientazioni de Il Ritorno di Mary Poppins e il secondo (già quattro volte candidato ma ancora in attesa del premio) responsabile invece di quelle terrestri e lunari di First Man. Da non sottovalutare, comunque, anche l’efficace resa del Wakanda in Black Panther (ad opera di Hannah Beachler, prima scenografa di colore a ricevere la nomination) e il minuzioso lavoro di Eugenio Caballero in Roma, per il quale il già premiato scenografo ha ricostruito interi squarci del quartiere messicano anni Settanta che dà il titolo al film. Escluse invece le ambientazioni fantasy dell’ultimo capitolo di Animali Fantastici e quelle digitalizzate di Ready Player One, ma anche le sfarzose feste di Crazy & Rich, la regale cornice cinquecentesca di Maria Regina di Scozia e le fantasiose e colorate scenografie del ben accolto Paddington 2.

Come già accadde nel 1998 e nel 2015, anche quest’anno la grande costumista inglese Sandy Powell (già candidata ben 12 volte, 3 delle quali concretizzatesi in statuette) ottiene nuovamente una doppia nomination per i suoi eccellenti contributi a Il Ritorno di Mary Poppins e La Favorita, uno dei quali potrebbe quindi non a caso condurla con merito alla sua quarta vittoria. A completare la cinquina troviamo però un trio di forti contendenti già note, ovvero la già vincitrice Alexandra Byrne di Maria Regina di Scozia e le già candidate Ruth Carter (i cui costumi restano uno dei maggiori punti di forza tra i cruciali contributi tecnici di Black Panther) e Mary Zophres (la quale a sorpresa riceve le candidatura non per il quotato First Man, bensì per il western dei fratelli Coen La Ballata di Buster Scruggs). Anche qui (oltre ai biografici Bohemian Rhapsody e Colette) mancano la candidatura Crazy & Rich, e Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald, che pur contava sul vestiario realizzato da un’altra affezionata dell’Academy come Colleen Atwood (la quale vinse il suo quarto premio proprio per il precedente capitolo della saga).

La sorprendente esclusione de La Favorita dalla shortlist dei finalisti al premio per trucco e acconciature ha probabilmente spianato la strada a Maria Regina di Scozia, che conquista infatti piuttosto meritatamente una nomination anche in questa categoria, in cui però potrebbe invece avere la meglio il quotato Vice (forte del grande lavoro su tutti i protagonisti e specialmente su Christian Bale, trasformato infatti per l’occasione nel controverso vicepresidente Dick Cheney). A chiudere il trio di candidati in lizza per il premio è anche qui un film non anglofono, ovvero lo svedese Border, atipico dramma a tinte fantasy che trova così un minimo riscatto dopo essere stato escluso a sorpresa dalla rosa di finalisti al premio come miglior film straniero; quest’ultimo film soffia quindi la nomination non solo a Bohemian Rhapsody e Black Panther, ma anche al già due volte vincitore Mark Coulier, fattosi notare quest’anno per il suo lavoro in due film nei quali il trucco è elemento cruciale (ovvero Stanlio e Ollio e il remake Suspiria di Luca Guadagnino) eppure inaspettatamente snobbato dall’Academy.

Nella categoria tecnica che forse in maggior misura riflette e/o consolida l’influenza di alcuni candidati in quella principale, i cinque titoli in lizza per questo premio sono non a caso in corsa anche per la statuetta come miglior film. Eppure, stupisce non poco l’assenza di un contendente meno considerato eppure davvero meritevole di rientrare in questa cinquina, ovvero First Man di Chazelle, la cui esclusione, insieme a quelle ugualmente inaspettate di A Star is Born e Roma, rende quindi non facile identificare un altro film in grado di imporsi con forza su altri nella corsa all’Oscar per il miglior montaggio: infatti, se da una parte le buone possibilità di BlacKkKlansman di prevalere nelle categorie principali potrebbero estendersi anche a questa più tecnica, dall’altra l’Academy potrebbe invece decidere (più o meno discutibilmente) di risarcire con questo riconoscimento due titoli di minor rilievo ma in effetti assai ritmati come Bohemian Rhapsody e Vice (quest’utimo già premiato ai BAFTA). Meno auspicabile sembra qui invece una vittoria de La Favorita o Green Book, che comunque ottengono la nomination prevalendo non solo su Black Panther e Widows, ma anche sul notevole Mission: Impossible – Fallout (completamente escluso dalla competizione anche nelle categorie tecniche, dove forse avrebbe invece meritato una maggiore considerazione).

Anche tra i candidati al premio per la miglior colonna sonora, sorprende e un po’ delude l’inaspettata esclusione di First Man (premiato ai Golden Globe in questa stessa categoria), la cui assenza potrebbe in questo caso favorire ulteriormente Se la Strada Potesse Parlare, per le cui musiche il regista Barry Jenkins ha ingaggiato nuovamente Nicholas Britell (già candidato per il suo precedente e premiatissimo Moonlight). Ad ogni modo, se comunque non è mai da sottovalutare la sempre giustamente viva ammirazione che l’Academy continua a dimostrare nei confronti del grande compositore francese Alexandre Desplat (fresco vincitore di un secondo premio per La Forma dell’Acqua e quest’anno distintosi per il suo lavoro al nuovo cartoon di Wes Anderson L’Isola dei Cani), in questa categoria è da tenere d’occhio anche Il Ritorno di Mary Poppins, musicato da Marc Shaiman e in lizza anche per il premio alla miglior canzone. Chiudono la cinquina due new meritevoli new entry come Ludwig Goransson e Terence Blanchard, candidati rispettivamente per Black Panther e BlacKkKlansman. Oltre ai titoli squalificati per diversi motivi dalla competizione, ovvero il giocoso Solo: A Star Wars Story, la dramedy Green Book, il finalmente completato e solo ora distribuito The Other Side of the Wind di Orson Welles e lo psichedelico e ben accolto horror Mandy (quest’ultimo musicato dal compianto Jóhann Jóhannsson), numerosi sono invece gli altri musicisti anche celebri che, seppur qualificatisi, non riescono a conquistare la candidatura: tra questi, spiccano soprattutto Marco Beltrami e Carter Burwell (fattisi notare rispettivamente per A Quiet Place e La Ballata di Buster Scruggs), ma anche Alan Silvestri (distintosi quest’anno per il doppio lavoro ai film di genere Avengers: Infinity War e Ready Player One) e naturalmente Thom Yorke, il quale avrebbe meritato più credito per il suo cruciale contributo al remake di Suspiria diretto da Luca Guadagnino.

Nella corsa al premio per la migliore canzone potrebbe non esserci partita: infatti, sebbene un sua trionfo come miglior attrice appaia tuttora non molto sicuro anche se non del tutto da escludere, la neo-attrice e protagonista di A Star is Born Lady Gaga potrebbe comunque rifarsi in quest’altra categoria, dove invece gioca in casa come cantautrice puntando alla vittoria con la trascinante “Shallow”, già assai noto brano portante del film. Tra le altre canzoni in nomination, a distinguersi sono soprattutto “All the Stars” da Black Panther (scritta ed eseguita da Kendrick Lamar) e “The Place Where Lost Things Go” (uno dei più apprezzati tra i diversi pezzi originali de Il Ritorno di Mary Poppins), anche se per entrambe potrebbe essere appunto assai difficile prevalere sulla succitata vincitrice annunciata. Meno competitive appaiono invece la pur non trascurabile I’ll Fight (inclusa nel documentario RBG) e l’outsider a sorpresa “When a Cowboy Trades His Spurs for Wings” (da La Ballata di Buster Scruggs): la prima, cantata da Jennifer Hudson, fa guadagnare la decima nomination alla nota e prolifica autrice Diane Warren (la quale, sorprendentemente mai arrivata alla vittoria, potrebbe quindi dover aspettare ancora per conquistare l’agognato premio), mentre la seconda riesce a soffiare la candidatura alle più quotate “Girl in the Movies” (dal film Netflix Dumplin’) e “Revelation” (inclusa nel dramma Boy Erased), scritte rispettivamente da Dolly Parton e Troye Sivan ed entrambe in corsa per il Golden Globe. Snobbato inoltre anche qui Thom Yorke, in gara con la canzone originale incisa per Suspiria che però (pur rientrata con merito nella shortlist di finalisti) non riesce infatti ad conquistare un posto nella rosa dei candidati.

In controtendenza con le precedenti categorie, nella corsa al premio per i migliori effetti visivi manca Black Panther e rientra First Man: in tale circostanza, il secondo potrebbe qui forse trovare un pur sempre modesto ma assai meritato riscatto, anche se da non sottovalutare restano comunque l’avvolgente realtà virtuale di Ready Player One di Steven Spielberg e il largo ricorso al digitale di un altro grande successo Marvel come Avengers: Infinity War. In lizza per la statuetta anche Solo di Ron Howard (secondo spin-off della saga di Star Wars) e il più modesto Ritorno al Bosco dei 100 Acri, che a sorpresa prevale su un altro più quotato candidato targato Disney come Il Ritorno di Mary Poppins. Tra i titoli invece esclusi dalla competizione, oltre ai restanti tre finalisti (ovvero il male accolto Benvenuti a Marwen di Robert Zemeckis, il poco riuscito Jurassic World: Il Regno Distrutto e il modesto Ant-Man and the Wasp), spiccano qui anche il non trascurabile nuovo film di Alex Garland Annientamento e altri tre sequel che sembravano invece avere discrete possibilità di trovare spazio in questa categoria, ovvero Paddington 2, Mission Impossible: Fallout e Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald.

Per quanto riguarda le due categorie dedicate al suono, quattro film si impongono nella corsa ai premi ricevendo infatti una doppia candidatura per miglior mixaggio e montaggio sonoro: tra questi, da tenere d’occhio sono innanzitutto certamente Black Panther e First Man, anche se non trascurabile resta inoltre la giustamente notevole considerazione che l’Academy ha anche qui dimostrato nei confronti dei preziosi contributi tecnici non solo visivi che impreziosiscono l’avvolgente Roma. Tuttavia, se da una parte (grazie ai numerosi momenti musicali) A Star is Born e Bohemian Rhapsody restano comunque due validi contendenti nella corsa al premio per il sound mixing, dall’altra il calibrato uso del suono nel poco parlato A Quiet Place potrebbe permettere al film di concretizzare in statuetta la sua unica nomination per il miglior montaggio sonoro. Tra i film invece rimasti fuori da entrambe le cinquine, oltre a Gli Incredibili 2 (il cui predecessore si era qui invece distinto con onore, tanto da aggiudicarsi il premio), spiccano inoltre a sorpresa Il Ritorno di Mary Poppins e nuovamente Mission: Impossible – Fallout (che inaspettatamente non riesce a trovare spazio nemmeno in queste categorie).

Nella corsa al premio per il miglior lungometraggio documentario salta subito all’occhio la sorprendente assenza di due titoli molto quotati, ovvero il ben accolto Three Identical Strangers e soprattutto il già premiatissimo Won’t You Be My Neighbor? (quest’ultimo rivelatosi appunto dominatore indiscusso del circuito dei premi in questa stessa categoria eppure inaspettatamente snobbato dall’Academy), ai quali a sorpresa subentrano i meno celebrati Of Fathers and Sons e Hale County This Morning, This Evening. Tale situazione potrebbe quindi favorire il terzetto di restanti candidati composto da RBG (forte anche di una seconda candidatura per la miglior canzone), Free Solo (premiato a Toronto) e Minding the Gap (che potrebbe stupire prevalendo anche sui primi due). Tra gli altri documentari a mancare invece la nomination, oltre agli apprezzati Shirkers, On Her Shoulders e Crime + Punishment (rientrati nella shortlist di finalisti) da citare sono inoltre soprattutto McQueen e Dark Money, ma anche Science Fair e l’ultimo lavoro di Michael Moore Fahrenheit 11/9.

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO

  • Detainment (Vincent Lambe, Darren Mahon)
  • Fauve (Jérémy Comte, Maria Gracia Turgeon)
  • Marguerite (Marianne Farley, Marie-Hélène Panisset)
  • Mother (Rodrigo Sorogoyen, María del Puy Alvarado)
  • Skin (Guy Nattiv, Jaime Ray Newman)

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO

  • Black Sheep (Ed Perkins, Jonathan Chinn)
  • End Game (Rob Epstein, Jeffrey Friedman)
  • Lifeboat (Skye Fitzgerald, Bryn Mooser)
  • A Night at the Garden (Marshall Curry)
  • Period. End of Sentence. (Rayka Zehtabchi, Melissa Berton)

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO D’ANIMAZIONE

  • Animal Behaviour (Alison Snowden, David Fine)
  • Bao (Domee Shi, Becky Neiman-Cobb)
  • Late Afternoon (Louise Bagnall, Nuria González Blanco)
  • One Small Step (Andrew Chesworth, Bobby Pontillas)
  • Weekends (Trevor Jimenez)

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

AlphaOmega Captcha Cinematica  –  What Film Do You See?