Scozia, 2089. Insieme ad un fidato collaboratore, l’archeologa Elizabeth Shaw (Noomi Rapace) porta a termine le ricerche di una vita quando sulla parete di una grotta scopre un millenario dipinto che raffigura una mappa stellare identica a quella raffigurata in altri reperti di antiche culture non legate tra loro. Così, grazie ad una spedizione sovvenzionata da un ricchissimo industriale, i due si imbarcano sull’astronave Prometheus per raggiungere la destinazione indicata nelle raffigurazioni: lo scopo della missione è di rintracciare gli “Ingegneri”, ovvero la specie aliena umanoide che potrebbe aver dato origine alla razza umana. Ma all’arrivo sul lontano pianeta LV-233 dopo un viaggio di quattro anni, l’equipaggio dell’astronave arriverà ad inaspettate ed agghiaccianti scoperte.
Inizialmente concepito come prequel di “Alien” (capolavoro e cult fanta-horror diretto da Scott nel ’79, a cui seguirono tre sequel non trascurabili e altrettanti spin-off dimenticabili), “Prometheus” è il film che segna il ritorno del regista-produttore alla fantascienza dopo 30 anni. Le aspettative, come anche l’attesa (fomentata nel nostro paese dall’uscita inspiegabilmente in ritardo), erano forse troppo alte per essere completamente ripagate, ma a prescindere da questo l’operazione si rivela comunque deludente, e non solo per i fans della saga con Sigourney Weaver. Tra richiami più o meno espliciti al “predecessore” (il risveglio dal sonno criogeno, l’esplorazione del pianeta sconosciuto con successiva scoperta di alieno a bordo), e alternando ispirazioni etico/teoriche (la ricerca dell’origine della specie, il contrasto dicotomico tra scienza e fede) ad elementi decisamente più fisici (il rapporto e la diversità tra sessi, la maternità “mostruosa”) l’apprezzabile e coraggioso intento è quello di coniugare azione da SCI-FI e allegoria filosofica; ma il risultato (anche evitando di scomodare Kubrick e i suoi modelli di “2001: Odissea nello Spazio”) è invece un ibrido incerto nelle intenzioni come anche nella struttura narrativa (il co-sceneggiatore Damon Lindelof, co-creatore di “Lost” è ancora troppo vicino ai sistemi e ai tempi del teleplay), e purtroppo, tra poche sorprese e personaggi unidimensionali (anche se si salva l’androide “cinefilo” di M. Fassbender), le grandi ambizioni rimangono tali, sfociando già dopo la prima ora nella prosaicità da cinema USA contemporaneo: “Se Alien sceglieva il buio, la metafora e il silenzio, Prometheus opta per la space opera che si trasforma in monster movie” (S. Lusardi). Certo, in tutto questo, anche per merito di una validissima squadra di collaboratori tecnici (fotografia di Dariusz Wolski, scenografie di Arthur Max, montaggio di Pietro Scalìa), Scott conferma comunque le sue capacità con grande padronanza del mezzo, dinamismo nello spettacolo, ambientazioni avvolgenti e punte di visionarietà (3D meno superfluo del solito), ma ciò non toglie che i tempi degli esordi sfolgoranti (“I Duellanti”), dei capolavori dichiarati (“Blade Runner”) e delle storie da premio (“Thelma & Louise”) sembrano ormai davvero lontani.
Prometheus | |
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Summary
id.; di RIDLEY SCOTT; con NOOMI RAPACE, IDRIS ELBA, MICHAEL FASSBENDER, GUY PEARCE, CHARLIZE THERON, LOGAN MARSHALL-GREEN, SEAN HARRIS, RAFE SPALL, BEN FOSTER, BENEDICT WONG, KATE DICKIE, PATRICK WILSON; fantascienza; USA/G.B., 2012; durata: 124'; |
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1 Comment
Film d'Amore
Ciao, sono Cry e leggo spesso il tuo blog.
Anche io scrivo di cinema, e in particolare di “film sentimentali” (quelli che proprio fanno piangere a dirotto: da qui, il mio soprannome “Cry”…). Se ti va, potremmo iniziare una collaborazione, scrivimi, che ti racconto cosa ho in mente.
Cri.