Roma Città Aperta

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Sullo sfondo della Roma occupata dai nazifascisti, le storie di lotta, sofferenze e sacrifici dei cittadini sono rievocate attraverso le vicende intrecciate del militante comunista Manfredi (Marcello Pagliero), in fuga dalla Gestapo e rifugiatosi presso il tipografo antifascista Francesco (Francesco Grandjacquet), della fidanzata di quest’ultimo Pina (Anna Magnani), popolana madre vedova reduce dall’assalto a un forno, e dell’impegnato e benvoluto don Pietro (Aldo Fabrizi), parroco locale vicino alla Resistenza.

Se nel 1943, dopo il formalismo e la propaganda dei “telefoni bianchi”, Luchino Visconti rivelava su schermo una realtà italiana mutata e amara, aprendo la strada al nostrano cinema postbellico con il suo folgorante esordio “Ossessione”, due anni più tardi quest’opera di Rossellini impose tale visione a livello internazionale, divenendo uno dei più celebri e rappresentativi manifesti di quella stessa corrente che poco tempo dopo assunse la denominazione di “neorealismo”. Infatti, dopo aver esordito nel lungometraggio con la cosiddetta trilogia della guerra fascista (sponsorizzata dal centro per la propaganda audiovisiva del Dipartimento della Regia Marina), il regista si discosta da tale enfatica retorica per trovare piuttosto un tono e un punto di vista più consoni ad intercettare e restituire in maniera vivida e autentica il clima e lo spirito dell’epoca; così, aprendo un nuovo ideale trittico antitetico al precedente, ovvero dedicato questa volta alla guerra antifascista (proseguito nel 1946 con il capolavoro “Paisà” e chiuso due anni dopo dal notevole “Germania Anno Zero”), Rossellini realizza una sorta di instant movie che nel riflettere appunto quel denso momento storico di transizione segna quindi al contempo una cruciale palingenesi anche nel panorama cinematografico italiano, introducendo una modalità pressoché inedita di intendere il mezzo filmico. Perché, nel raccontare senza filtri la dura quotidianità dell’Italia occupata, il regista trova un efficace e incisivo compromesso tra la lucida rievocazione della verità e l’epico lirismo della drammatizzazione, pedinando la realtà fin nei dettagli per coglierla nel suo spontaneo divenire attraverso un’ottica che coincide con quella delle vittime e dei testimoni: così, nel mettere in scena la lotta antifascista anteponendo appunto la componente morale a quella politica (come dimostra non solo l’estensione dello sguardo ad un punto di vista fanciullesco, ma anche l’uguale partecipazione nel seguire i percorsi di Manfredi e don Pietro), Rossellini fa emergere e al contempo supera i contrasti ideologici di quel contesto storico-sociale che riesce a intercettare e rendere su schermo con grande efficacia e intensità in un’opera non a caso animata innanzitutto dall’urgenza di riscattare un’umanità (e un cinema) reduce dagli orrori del conflitto. Inizialmente concepito come un documentario dal titolo “Storie di Ieri”, incentrato sulla figura realmente esistita di don Morosini (che, insieme a don Pappagallo, fu poi d’ispirazione per la creazione del personaggio di don Pietro), divenne un film a soggetto soltanto in fase di scrittura, quando un giovane Federico Fellini si aggiunse (insieme a Ferruccio Disnan) alla squadra di sceneggiatori composta da Sergio Amidei, Celeste Negarville e lo stesso Rossellini; a tale imprevedibile pre-produzione seguì una realizzazione a sua volta molto travagliata: nato per necessità come film muto e solo successivamente sonorizzato (con gli attori a doppiare se stessi), fu girato nei primi mesi del 1945 in condizioni assai difficili (spesso in esterni, tra le macerie o in clandestinità) e completato dopo una fase di stallo grazie al contributo del commerciante Aldo Venturini, il quale, estraneo al mondo del cinema ma già coinvolto nel progetto dalla società di produzione (che si appoggiò alle sue immediate disponibilità economiche) concesse un nuovo finanziamento per portarlo appunto a termine e salvare così il proprio investimento. Acquistato e distribuito da Minerva Film, uscì nelle sale italiane a settembre dello stesso anno senza anteprime e fu accolto con tiepida accoglienza; solo in seguito, dopo essersi aggiudicato diversi riconoscimenti importanti, tra i quali, oltre a due Nastri d’Argento in patria (miglior film e miglior attrice alla Magnani), spicca il Gran Prix alla prima edizione del festival di Cannes (premio principale prima dell’istituzione della Palma d’Oro, in quell’occasione condiviso con altri dieci titoli), fu rivalutato dalla critica come anche dal pubblico e (superando anche le iniziali diffidenze politiche) divenne un grande successo internazionale. Candidato all’Oscar per la sceneggiatura, fu inoltre l’opera che impose anche all’estero il talento di Anna Magnani, la cui straziante e brutalmente interrotta corsa dietro il camion tedesco che sta portando via il suo promesso sposo (tra i momenti più emotivamente alti dell’intera pellicola) è rimasta giustamente impressa nell’immaginario collettivo.

Roma Città Aperta
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Summary
id.; di ROBERTO ROSSELLINI; con ANNA MAGNANI, ALDO FABRIZI, MARCELLO PAGLIERO, MARIA MICHI, NANDO BRUNO, VITO ANNICHIARICO, HARRY FEIST, FRANCESCO GRANDJACQUET, EDUARDO PASSARELLI; drammatico; Italia, 1945; B/N; durata: 103';
100 %
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