Quando il triste e alcolizzato Beverly (Sam Shepard), patriarca della famiglia Weston, scompare misteriosamente, la moglie Violet (Meryl Streep), malata di cancro e assuefatta alle pillole, riunisce tutta la famiglia nella sua casa di Osage, in Oklahoma: oltre alla mansueta Ivy, che ha messo da parte le sue aspirazioni di vita per occuparsi dei genitori, si precipitano così dalla madre anche le altre due figlie Barbara (Julia Roberts) e Karen (Juliette Lewis), la prima accompagnata dal distante marito (Ewan McGregor) e dalla problematica figlia adolescente (Abigail Breslin), la seconda scortata dal poco affidabile neo-fidanzato (Dermot Mulroney). A dare supporto a Violet arrivano anche la vulcanica sorella Mattie Fae (Margo Martindale) con il mansueto marito Charles (Chris Cooper) e con il loro timido figlio (Benedict Cumberbatch), quest’ultimo impegnato in una relazione segreta proprio con la cugina Ivy. Tra segreti mai scoperti e inaspettate rivelazioni, un tragico evento farà saltare gli equilibri familiari.
Prodotto per la Weinstein Company da George Clooney con il fidato Grant Heslov, è l’adattamento cinematografico di una pièce teatrale vincitrice di Tony e Pulitzer che, pur trattenuta in lirismo e non priva di stilettate di grottesco umorismo, rientra comunque di diritto nella tradizione di quel melodramma americano plasmato da grandi autori teatrali quali O’Neill, Aibee e Tennesse Williams; nel trasferirla dal palcoscenico allo schermo, l’autore Tracy Letts (anche sceneggiatore) l’ha sfoltita di un’ora abbondante, aggiungendo all’epilogo un controcampo della co-protagonista Barbara e permettendosi qualche incursione in esterni, rimarcando così l’importanza dell’ambientazione, espressa non solo dal titolo originale, ma anche nei dialoghi (“Queste sono le grandi pianure: uno stato mentale, una sofferenza dello spirito, come il blues”). A questo proposito, l’intento di dare al testo sfondi pertinenti non è però assecondato al meglio dal regista John Wells che, non soffermandosi a sufficienza sulle atmosfere (i paesaggi desolati, il caldo torrido e soffocante), predilige un coinvolgimento dato dagli snodi della vicenda familiare e dalle dinamiche tra i personaggi, animati da un parossismo distruttivo in crescendo (culminante nella tesa e lunghissima sequenza del pranzo che termina con uno scontro fisico) a cui si contrappone la figura silenziosa della domestica indiana. D’altra parte, se in questo acre dramma “da camera” su divari generazionali ed illusioni infrante l’efficacia sta soprattutto nella scrittura di Letts, la direzione degli attori è diligente e tutt’altro che sciatta, anche se lasciando a briglia sciolta l’ensemble di attori-mattatori rischia a tratti un eccesso di ostentazione enfatica sopra le righe che non sempre giova alla verosimiglianza emotiva. Per il resto, rimangono poi le ottime prove degli interpreti, tra cui ovviamente spiccano le grandi protagoniste Meryl Streep e Julia Roberts (entrambe candidate agli Oscar), ben supportate da comprimari di livello, divisi tra semplici figure di contorno un po’ sacrificate dello sfrangio del testo originale (McGregor e Cumberbatch) e tosti caratteristi che lasciano il segno (J. Nicholson, C. Cooper e la tosta M. Martindale).
I Segreti di Osage County | |
I Segreti di Osage County | |
Summary
“August: Osage County”; di John Wells; con Meryl Streep, Julia Roberts, Margo Martinale, Chris Cooper, Julianne Nicholson, Benedict Cumberbatch, Abigail Breslin, Juliette Lewis, Dermot Mulroney, Sam Shepard, Misty Upham, Will Coffey; drammatico; USA, 2013; durata: 119’. |
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