Regista fondamentale, attore insuperabile, tra i padri del neorealismo e insieme grande esponente della commedia all’italiana, il maestro Vittorio De Sica ci lasciava il 13 Novembre 1974, ma a 40 anni dalla sua morte il suo ricordo resta più vivo che mai. In occasione dell’anniversario della morte ripercorriamo la vita e la carriera del regista di Sciuscià, Umberto D e Ladri di Biciclette per omaggiare una delle voci inimitabili del cinema italiano.
Nato in provincia di Frosinone nel 1901, dopo alcuni spettacoli amatoriali e un piccolo ruolo nel film muto Il Processo Clemenceau (1917), esordisce a teatro nel 1923 recitando come generico in Sogno d’Amore di Kosorotov con la compagnia della prestigiosa attrice Tatiana Pavlova, con la quale rimane per un paio d’anni, prendendo parte ad alcune prime italiane. Nel 1925 entra a far parte, come secondo attore brillante, della compagnia di Italia Almirante; nel 1927 passa quindi alla categoria di secondo attore giovane nella Almirante-Rissone-Tofano, cimentandosi nella commedia borghese ed elisabettiana. Negli stessi anni, diretto da Almirante, compare anche saltuariamente sullo schermo (ne La Bellezza del Mondo del 1926 e ne La Compagnia dei Matti del 1928), finché nel 1930 Guidi Salvini lo sceglie come primo attore per la compagnia Artisti Associati; grazie a questa esperienza viene notato da Mario Mattòli, che quindi lo accoglie nella sua compagnia Za Bum dirigendolo in alcune commedie di buon successo al fianco di Umberto Melnati.
Nel 1933 fonderà poi una propria compagnia con Giuditta Rissone (che diverrà sua moglie nel 1937) e Sergio Tofano, mentre nel frattempo, dopo aver preso parte a due film muti diretti da Almirante, diventa uno degli attori più richiesti. Il 1932 è infatti l’anno in cui si afferma definitivamente anche come interprete cinematografico, recitando come protagonista in Due Cuori Felici di Baldassarre Negroni e soprattutto in Gli Uomini, che Mascalzoni… diretto da Mario Camerini (in cui De Sica canta la celeberrima canzone “Parlami d’amore Mariù”), confermando le sue doti di interprete duttile e ricercato. Nel frattempo, la fruttuosa esperienza con la compagnia Tofano-Rissone-De Sica porta anche allo sviluppo di un sodalizio con due autori come Gherardo Gherardi e Aldo De Benedetti (specialista nelle commedie dei “telefoni bianchi”), che diverranno gli autori di molti lavori e film da lui interpretati. Nel frattempo, dal 1935 al 1939 compare, tra gli altri, in tre film ancora da Camerini, ovvero i fortunati Darò un Milione (dove incontra Cesare Zavattini), Il Signor Max e I Grandi Magazzini.
Mentre nel periodo della guerra continuano le produzioni teatrali con una nutrita schiera di lavori rilevanti, nel 1940 De Sica debutta in sordina come regista cinematografico con Rose Scarlatte, dirigendo poi altri due film ancora legati allo stile e alle tematiche del cinema di Camerini, ovvero Maddalena… Zero in Condotta (1940) e Teresa Venerdì (1941, in cui recita anche Anna Magnani). È con il suo successivo film da regista, il celebre I Bambini ci Guardano (1943), che De Sica, insieme a Zavattini, comincia invece ad esplorare le atmosfere neorealiste, segnando il passaggio dalla commedia brillante all’opera socialmente impegnata. Nei difficili anni successivi alla liberazione, De Sica diresse la compagnia teatrale di Isa Miranda, prendendo parte col tempo anche a diversi spettacoli con Paolo Stoppa e Vivi Gioi, Alessandro Blasetti e Luchino Visconti; nel 1946 si forma la compagnia De Sica-Gioi-Besozzi, ma la formazione si troverà, con i suoi allestimenti impegnati, di fronte inaspettate difficoltà finanziarie; quindi le partecipazioni teatrali di De Sica, nel frattempo peraltro sempre più assorbito dagli impegni al cinema, si diradarono drasticamente, finché l’attore non fece più ritorno sul palcoscenico.
Continuando nel frattempo la sua attività di attore e regista cinematografico, dopo aver diretto La Porta del Cielo (1944) De Sica realizza, uno dopo l’altro, due capolavori: con Sciuscià (1946) realizza un caposaldo del neorealismo (a cui Rossellini aveva aperto la strada con Roma Città Aperta e Paisà) ottenendo un premio speciale agli Oscar, mentre nel 1948 si impone definitivamente a livello internazionale con il celeberrimo Ladri di Biciclette: sceneggiato da Zavattini e girato con attori non professionisti, il film ottiene un clamoroso successo planetario divenendo peraltro il suo film in assoluto più premiato (tra i numerosi riconoscimenti spiccano un secondo Oscar speciale e il premio speciale della giuria al festival di Locarno). Nel 1951 ottiene la Palma d’Oro al festival di Cannes con Miracolo a Milano, (il cui neorealismo in chiave favolistica anticipava i temi e i modi dello stile surrealista), e nello stesso anno realizza Umberto D, altra pietra miliare della corrente neorealista, incentrato sulla solitudine della vecchiaia. In seguito a queste prove eccezionali (non senza aver nel frattempo affrontato qualche polemica del tutto insensata da parte di chi sosteneva che il regista e Zavattini avessero in qualche modo diffuso una cattiva immagine dell’Italia), De Sica torna anche a recitare in ruoli diversi e di spessore: tra i numerosi film da lui interpretati tra gli Anni Cinquanta, da ricordare sono almeno Altri Tempi (1952) ed il suo seguito Tempi Nostri (1954), entrambi diretti da Blasetti, I Gioielli di Madame de… di Max Ophuls (1953) e il grande successo Pane Amore e Fantasia (1953, diretto da Luigi Comencini e in cui De Sica recita al fianco di Gina Lollobrigida), ma anche Il Segno di Venere di Dino Risi (1955), Peccato che sia una Canaglia (1955), Il Tetto (1956), Addio alle Armi (1957, film americano di Charles Vidor tratto da Hemingway, per cui De Sica ottiene una nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista) e il celebre Il Generale Della Rovere, diretto da Roberto Rossellini (1959).
Nel frattempo De Sica continua anche la sua attività di regista: dopo il poco riuscito Stazione Termini (1953) torna infatti a guadagnarsi l’attenzione del pubblico e della critica realizzando altre opere importanti come il film a episodi L’Oro di Napoli (1954), La Ciociara (1960, grande successo internazionale tratto da Moravia ed interpretato da un’intensa Sophia Loren premiata a Cannes e agli Oscar), Il Giudizio Universale (1961), Boccaccio ’70 (1962, di cui De Sica diresse l’episodio La Riffa), Ieri, Oggi, Domani (1963, premio Oscar come miglior film straniero), Il Boom (1963) e Matrimonio all’Italiana (1964, tratto da Filumena Marturano di De Filippo ed interpretato dalla coppia Loren-Mastroianni). Tra i suoi ultimi lavori, accanto al suo ruolo ruolo nel film di Un Italiano in America (1967, diretto da Alberto Sordi) e all’apparizione nel fortunato sceneggiato televisivo Pinocchio di Luigi Comencini (1972), spiccano altri tre film da lui diretti, ovvero Il Giardino dei Finzi-Contini (1970, Orso d’Oro a Berlino e premio Oscar come miglior film straniero), I Girasoli (1970, ancora con Loren e Mastroianni) e Una Breve Vacanza (1973).
Intanto, nel 1967 aveva ottenuto la cittadinanza francese anche per poter divorziare dalla Rissone e sposare quindi l’attrice spagnola Maria Mercader, conosciuta nel 1941 sul set di Un Garibaldino al Convento: i due si sposarono nel 1968 in presenza dei loro due figli, Manuel e Christian (che seguirà le sue orme di attore). Nel 1974, a conclusione di una vita e una carriera ricche di successi e di sfide ma comunque non prive di difficoltà (i problemi economici dovuti anche alla sua passione per il gioco possono forse spiegare la sua partecipazione ad alcune pellicole non alla sua altezza), nel 1974 dirige il suo ultimo film, Il Viaggio, malinconica storia d’amore e di morte che con il senno di poi assunse i connotati di una triste premonizione: infatti, aggravatosi dopo aver subito un intervento per curare un tumore al polmone, De Sica si spengne a Parigi il 13 novembre dello stesso anno. Poco dopo, Ettore Scola gli dedicò il suo capolavoro C’eravamo tanto amati. Carlo Lizzani disse di lui: “Riusciva a far diventare importanti le cose piccole, a dare un senso profondo alle vicende più quotidiane”.
Tra i principali fondatori del neorealismo insieme a Rossellini e Visconti, con il contribuito fondamentale di Zavattini De Sica ha contribuito a segnare la nascita e lo sviluppo di una nuovo movimento italiano: con un cinema dalle narrazioni garbate ed inquadrate, non inquinato dal divismo degli attori e caratterizzato da uno stile concreto ma disteso, è riuscito egregiamente a raccontare con vigore prima l’amara realtà postbellica di un Paese a terra e poi la ricerca di un’umile serenità di un’Italia che tornava a vivere, il tutto, con una partecipazione genuina e commovente che lo differenziava dagli molti registi del suo tempo.