Il Capitale Umano

Il Capitale Umano

- in Film 2014, Recensioni
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Nel linguaggio economico, l’espressione “capitale umano” indica il costo d’indennizzo in caso di morte, calcolato in base alle facoltà e alle risorse umane acquisite, prendendo in considerazione anche i legami affettivi; nell’undicesimo film di Paolo Virzì (il suo più nero, nonché uno dei suoi migliori) è anche un viatico per porre l’attenzione sulle conseguenze del superamento di pericolosi limiti (civili, etici, giuridici), sollevando così un quesito che, in entrambi i casi, determina la riflessione che sta alla base: in una società come quella odierna in cui i valori e la moralità hanno sempre meno rilievo ed influenza, qual è davvero il valore dell’esistenza?

Nell’adattare con certa libertà il romanzo omonimo dello scrittore americano Stephen Amidon, il regista e i suoi sceneggiatori Francesco Bruni e Francesco Piccolo ne trasferiscono l’azione dal Connecticut alla Brianza (così vicina alla Borsa di Milano) senza tradirne il senso e conformandone con efficacia i contenuti al contesto nostrano: il modello di capitalismo yankee è sempre più universale, e anche nella realtà italiana l’inaridente etica del profitto ha squarciato il tessuto sociale, economico e culturale. Ecco quindi che, tra speculazioni finanziarie e venerazione del denaro, i riferimenti alla situazione del nostro Paese permeano fin da subito il contenuto di questo dramma sociale evoluto in thriller, immerso in un’ambientazione inquadrata con notevole incisività e animato da figure ottimamente caratterizzate, che convince ancor di più grazie ad un gruppo di interpreti sapientemente diretti e tutti bravi o bravissimi. La trama è scandita in tre capitoli, raccontati dal diverso punto di vista di altrettanti personaggi: il primo è Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio, credibile e convincente in un ruolo non facile), agente immobiliare in crisi sul lavoro, divorziato e con nuova compagna incinta (Valeria Golino), che appoggiandosi al ricchissimo Carlo Bernaschi (Fabrizio Gifuni, eccellente nell’impersonare l’elegante, solido e sgradevole affarista senza scrupoli), decide di investire in imprese finanziarie e speculative dall’esito incerto; c’è poi la moglie di Bernaschi, ovvero l’annoiata sognatrice Carla (una magnetica Valeria Bruni Tedeschi, che ha centrato quello che è forse uno dei ruoli migliori della sua carriera): tra lusso della bella vita, improbabili consigli amministrativi e amicizie maschili sviluppate in momenti sbagliati, la sua presenza impeccabile cela un animo scalfito dai rapporti non facili con il marito e con il figlio Massimiliano (Guglielmo Pinelli); la terza è Serena (l’esordiente rivelazione Matilde Gioli): fidanzata di quest’ultimo e figlia di Dino, la sua vita è densa di segreti che non vuole rivelare. A sconvolgere i loro equilibri non sarà solo il crollo di un importante fondo d’investimento, ma anche e soprattutto un fattaccio notturno su cui indaga la polizia, punto di fuga della vicenda raccontato nel prologo: un cameriere in bicicletta viene investito da un SUV che non si ferma per soccorrerlo, lasciandolo morente. La matassa si sbroglia, tra note di amarezza e spiragli di speranza, in un epilogo rapinoso e d’effetto, che lascia il segno rimandando al titolo del film. Così, in questa sorta di atipico “Rashomon” brianzolo con echi di Chabrol, Virzì guarda oltre i toni a lui usuali della commedia agrodolce per entrare nel terreno del noir, mettendo in atto con grande padronanza e smagliante efficacia un meccanismo teso ed avvincente, realistico ed allarmante, controllato senza essere evasivo, limpido senza essere superficiale, trasparente senza essere freddo. Attraversato da stilettate di sarcastica ironia pur senza mai abbandonare la costante lucidità affilata, è un denso, sferzante e intelligente affresco corale e poliedrico in cui si muovono uomini e donne travolti dalla vita e da valori dubbi o disperati, mentre i tasselli del puzzle emergono insieme alle pregnanti tematiche che lo pervadono, dall’imperante avidità alle ambizioni di ascesa sociale, dal divario tra benestanti e proletari ai valori sempre più in discesa dei principi e della cultura, fino ai conflitti generazionali, con l’irresponsabilità morale dei padri che, compromesso il futuro dei figli, ripone in loro la speranza in tempi di angosciante confusione morale: “Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto”, dice Carla al marito, riconoscendo forse la colpa ma evitando al contempo le responsabilità. Raramente nel cinema italiano degli ultimi anni si è visto un ritratto così attendibile, convincente ed incisivo del degrado e dell’imbarbarimento etico e socio-culturale nella realtà odierna.

Il Capitale Umano
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Summary
"Il Capitale Umano"; di Paolo Virzì; con Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Bebo Storti, Luigi Lo Cascio, Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli, Giovanni Anzaldo; thriller; Italia, 2014; durata: 116'.
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